2016-10-29 09:00:00

Offensiva su Mosul: speranze e timori dei cristiani


Continua in Iraq l’offensiva per liberare la città di Mosul dalle milizie del cosiddetto Stato Islamico. Già liberati alcuni villaggi della Piana di Ninive, abitati dai cristiani prima della conquista, due anni fa, da parte dei jihadisti dell’Is. Lentamente si stanno ripopolando, ma la maggior parte dei cristiani rimane ancora nei campi profughi del Kurdistan iracheno. Per un punto sulla situazione umanitaria e sulle speranze della minoranza cristiana, Michele Raviart ha intervistato Alessandro Monteduro, direttore di Aiuto alla Chiesa che Soffre Italia:

R. – Ho sentito nuovamente uno dei diversi sacerdoti che ho avuto modo di incontrare quest’anno nelle mie due visite nel Kurdistan iracheno. Mi racconta questo doppio binario: da una parte la speranza, da una parte l’orrore; la speranza che questo tipo di azione tesa a liberare la zona dell’Iraq occupata dalle truppe del Califfato islamico possa nuovamente consentire loro di tornare nella terra che non hanno mai voluto abbandonare, dall’altra parte però l’orrore. Mi è arrivata la foto di un cimitero di uno dei piccoli villaggi che definire “profanato” è dir poco: è letteralmente devastato.

D. – Ci sono alcuni villaggi della Piana di Ninive che piano piano sono stati liberati e i cristiani ricominciano a  tornare …

R. – Lentamente. Io distinguerei tra i villaggi cui lei faceva cenno e Mosul. Certamente nel caso di Mosul il processo di rientro sarà molto lento. Non è solo un problema di occupazione da parte del Califfato islamico; è un problema di pacifica convivenza tra i cristiani stessi e quei vicini di casa che a loro dire sono stati i primi a tradire; vicini di casa con i quali magari coltivavano una conoscenza, per non dire un’amicizia, trentennale, e che inizialmente avevano accompagnato l’arrivo delle truppe dell'Is probabilmente con favore differente, non voglio dire con entusiasmo, da quella che poi è stata la realtà. I piccoli villaggi cristiani della Piana di Ninive hanno invece una caratteristica diversa: si può rientrare perché del tutto liberati e pacificati, però c’è un problema. Da quello che stanno trovando, c’è la devastazione. Non è solo una questione di luoghi di preghiera profanati, ma la devastazione delle case, delle abitazioni, dei luoghi, delle strutture!

D. – A Mosul la popolazione civile sta subendo questa offensiva. Voi avete notizie di quello che sta succedendo?

R. - Sono diverse migliaia i civili che fuggono da Mosul per sottrarsi al conflitto imminente nella città e per sottrarsi anche a quello che le stesse cronache raccontano: vale a dire l’essere sequestrati per essere utilizzati come scudi umani. Mi ha fatto molto piacere che il Parlamento europeo su questo abbia preso una posizione, cioè dire agli Stati dell’Unione Europea e non solo agli Stati membri ma a tutte le organizzazioni internazionali: “Signori, qui siamo di fronte a un’ipotesi reale di migrazione di massa vera, non di poche centinaia o di poche migliaia di persone … Diamoci da fare, organizziamoci da subito perché comunque si dovrà affrontare questo esodo”.

D. – Un commerciante cristiano è stato ucciso a Bassora, nel Sud dove non c’è lo Stato islamico. È stato assassinato sulla base di una nuova legge che vieta il commercio di alcolici. È un gesto isolato o un campanello di allarme per il futuro della comunità cristiana in Iraq?

R. – La legge cui lei fa cenno, vale a dire quella cosiddetta “anti alcol”, ha un’ispirazione tesa a restringere le libertà delle minoranze. Nei riguardi di un cristiano che era titolare regolare di un esercizio commerciale per la vendita dell’alcol, la prima ripercussione è stata quella di trovare dei fanatici che sobillati da questa legge liberticida hanno ritenuto più giusto farsi direttamente giustizia a proprio modo, quindi uccidendo il commerciante. Sono spazi di libertà che vengono ristretti di fronte ai quali tutti dobbiamo tenere alta l’attenzione. 








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