2016-11-02 13:52:00

Iraq, si combatte a Mosul. Fabbri: guerriglia urbana per mesi


Dopo oltre due anni le truppe di Baghdad hanno rimesso piede a Mosul, la seconda città dell’Iraq, e puntano ora a strapparla alle forze del sedicente Stato islamico. Anche il loro leader, Abu Bakr al-Baghdadi, si troverebbe nella zona, secondo il britannico ‘The Independent’. Il servizio di Giada Aquilino:

Sono trascorsi 28 mesi dalla resa di Mosul, quando le truppe di Baghdad si ritirarono di fronte all’avanzata delle forze del sedicente Stato islamico. Da ieri circa 50.000 uomini delle truppe regolari di Baghdad, i paramilitari sciiti, gli uomini delle tribù sunnite, i peshmerga curdi e le forze speciali di alcuni Paesi occidentali stanno convergendo verso il centro della città, nonostante il maltempo stia rallentando le operazioni. Aiutate dal supporto aereo della coalizione a guida Usa e dal fuoco dell'artiglieria francese, le forze irachene hanno preso il controllo dell'edificio della tv di Stato, del quartiere Judaidat Al-Mufti, sulla riva sinistra del Tigri, avanzando anche nella zona di Karama dove i miliziani dell’Is avevano eretto blocchi di cemento e seminato ordigni improvvisati per rallentare l’avanzata.

Dall'inizio delle manovre per la liberazione di Mosul, il 17 ottobre, si ritiene che tra i 4.000 e i 7.000 combattenti di al Baghdadi siano asserragliati nella città e nell’immediata periferia, compreso lo stesso leader, secondo il britannico ‘The Independent’. Nelle ultime ore avrebbero preso in ostaggio numerosi giovani, tutti maschi: circa 50 sarebbero stati uccisi in un collegio pubblico. Allarme per oltre un milione di civili a Mosul, lanciato dal Norvegian Refugee Council che opera sul terreno: 18 mila le persone scappate dalla zona in due settimane.

Ancora tensioni poi tra le autorità irachene e la Turchia, dopo la decisione di Ankara di dispiegare carri armati e pezzi di artiglieria nell'area di Silopi, nella zona di confine, a circa 100 km da Mosul: se le truppe turche “metteranno piede” in Iraq “subiranno molte perdite”, ha detto il premier iracheno Haider al Abadi. La Turchia “vuole che l'Iraq protegga la sua integrità territoriale e la sua indipendenza”, ha replicato il ministro degli Esteri di Ankara, Mevlut Cavusoglu.

A convergere su Mosul, dunque, l’esercito di Baghdad, i paramilitari sciiti di Hashed al Shaabi, i combattenti sunniti, i peshmerga curdi, le forze speciali di alcuni Paesi occidentali: com’è possibile che tante forze così disomogenee tra loro possano essere ora schierate assieme contro l’Is? Risponde Dario Fabbri, consigliere scientifico e analista della rivista di geopolitica 'Limes', intervistato da Giada Aquilino:

R. – È possibile perché l’obiettivo è considerato molto prezioso, soprattutto da alcune delle potenze cui afferiscono le milizie, su tutte l’autorità centrali di Baghdad – quindi il governo iracheno – ma anche la Turchia e l’Iran: sono questi i tre Paesi in assoluto che hanno maggiormente a cuore le vicende di Mosul per ragioni differenti. Sono seguite poi dai curdi iracheni, le cui milizie sono appunto i peshmerga che hanno intenzione a loro volta di estendere parzialmente la loro influenza sulla città. Tutti questi interessi diversi al momento convergono nel tentativo di strappare la città dalle mani del sedicente Stato islamico: un tentativo che non sarà semplice.

D. – Cos’è cambiato rispetto a 28 mesi fa, quando ci fu una folgorante avanzata dell’Is o, se vogliamo, una repentina ritirata delle forze di Baghdad?

R. – Per il momento, tutte le potenze a cui facevamo riferimento, comprese quelle occidentali, hanno trovato il modo di organizzarsi tra loro e di puntare verso la città, mentre nel 2014 non c’era quest’attenzione nei confronti di Mosul. Ciò che non è cambiato, e che non cambierà neanche nei prossimi mesi, sono le condizioni che hanno invece garantito l’ascesa dell’Is, che sono perfettamente intatte nella regione.

D. – Quali sono tali condizioni?

R. – Per esempio la volontà di gran parte della popolazione di Mosul di scegliere l’Is al posto dell’autorità centrale di Baghdad. Sentiamo dire spesso in queste ore, in questi mesi, della “liberazione” di Mosul dall’Is: liberazione è un sostantivo che c’entra poco ed è anche poco appropriato, perché ricordiamoci che nel 2014 furono accolti come “liberatori” i miliziani dell’Is. Perché la popolazione della città, in larga parte sunnita, preferisce essere evidentemente sotto il tallone di pazzi e sanguinari come quelli dell’Is, però sunniti, piuttosto che sotto l’autorità sciita della capitale, cioè di Baghdad.

D. – Come leggere allora le prese di ostaggi, le uccisioni arbitrarie di queste ultime ore?

R. – Siamo comunque nell’ambito della propaganda, nel senso che da entrambe le parti possono essere ovviamente – purtroppo – vere queste notizie. Resta il fatto che, in un ambito di guerriglia urbana come questo e davanti ad un nemico così spietato e violento come l’Is, non possiamo stupirci se davanti a tentativi da parte della popolazioni civili di mettersi in salvo dalla guerra l’Is invece drammaticamente costringa parte di tali popolazioni a rimanere oppure la utilizzi come scudo umano.

D. – È possibile che lo stesso al Baghdadi si trovi a Mosul?

R. – Se lo stesso al Baghdadi si trovasse a Mosul – mi permetto di dire – sarebbe un errore tattico, visto che in questa fase non è esattamente la città “più sicura” dove stabilirsi: avrebbe più senso se invece si trovasse protetto da qualche tribù sunnita a cavallo tra Siria e Iraq.

D. – Dal punto di vista dei combattimenti, adesso cosa c’è da attendersi?

R. – C’è da attendersi un’operazione che molto probabilmente non sarà breve, perché l’Is non ha come obiettivo in questa fase quello di vincere, visto che il dispiegamento di forze è assolutamente asimmetrico nella sua quantità  e ovviamente vede in grande favore le forze che sono al momento all’offensiva; l’obiettivo dell’Is è semplicemente infliggere talmente tante perdite nei confronti di coloro che attaccano da costringerli o a rallentare l’offensiva o a sospenderla. Per raggiungere quest’obiettivo, che probabilmente nel medio periodo non centrerà, l’Is è pronto però a mantenere la propria difesa, la difesa della città, discretamente a lungo. Tutto questo ci fa prevedere un tentativo da parte delle forze di colazione che è destinato a protrarsi almeno nelle prossime settimane se non nei prossimi mesi.








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