2016-11-03 14:38:00

Mosul, emergenza sfollati. Bozzo: profughi anche verso Giordania


Prosegue in Iraq la battaglia per strappare Mosul al sedicente Stato islamico e cresce l’emergenza sfollati. Secondo le Nazioni Unite, sono quasi 21 mila le persone già costrette a lasciare le loro abitazioni a causa dei combattimenti, ma il numero potrebbe arrivare a 200 mila. Oltre tre milioni, invece, da quando l’Is ha issato la sua bandiera nera nella zona, due anni fa. L'esercito iracheno e i peshmerga curdi circondano intanto la città da Nord, Est e Ovest; nella parte occidentale avanzano pure le milizie sciite Hashd al-Shaabi, sostenute dall’Iran, per presidiare le vie di fuga verso la Siria. In questo quadro, agiscono anche gli uomini delle tribù sunnite e le forze speciali di alcuni Paesi occidentali. Mentre il califfo al Baghdadi, dopo un anno di silenzio, è tornato ad incitare i propri miliziani in un messaggio audio, si cerca di fare il punto sulle forze in campo a Mosul. Ce ne parla Luciano Bozzo, docente di Relazioni internazionali all’università di Firenze, intervistato da Giada Aquilino:

R. – Le forze irachene hanno tutto l’interesse a riconquistare Mosul, però gli iracheni sono divisi tra la componente sciita e quella sunnita: quindi i sunniti hanno timori - e timori giustificati - nei confronti di una iniziativa che fosse condotta dagli sciiti in concomitanza con l’azione, evidentemente, delle forze iraniane. Gli iraniani vorrebbero essere i primi a conquistare Mosul e a stabilire un controllo sulla città, perché questo permetterebbe loro di creare una linea di continuità geografica tra l’Iran e le forze, tra cui le stesse forze di Teheran, che appoggiano Assad nella guerra in Siria. I curdi hanno, evidentemente, i loro interessi, cioè quelli di tutelare al massimo l’autonomia in vista di una futura possibile indipendenza nel Kurdistan del Nord Iraq, quindi conquistare tutti i territori storicamente e tradizionalmente curdi e comunque metterli nella condizione di essere il più possibile protetti nei confronti di minacce future. E poi c’è da tenere in considerazione l’intervento turco, auspicato dagli Stati Uniti, che vorrebbero giocare la carta turca non soltanto per la riconquista di Raqqa, in Siria, ma anche appunto nella battaglia per Mosul: ciò però crea opposizione sia nel governo iracheno, che non vede di buon occhio una interferenza dentro la propria sfera di sovranità nazionale, sia da parte di altri attori in gioco, come gli stessi iraniani e via discorrendo.

D. – In un’emergenza umanitaria che riguarda tutto l’Iraq, oltre alla Siria, si è aperto il fronte sfollati di Mosul: sta crescendo l’ondata di arrivi in Kurdistan. A cosa si va incontro?

R. – Questo è uno dei dati più rilevanti della situazione, anche perché i civili non sono soltanto vittime di attacchi non intenzionali ma diventano una posta in gioco nel conflitto, vengono usati come scudi umani, vengono spinti di fronte ai combattenti per proteggere la loro azione, vengono utilizzati come strumento di ricatto. E ne pagano il prezzo, quindi, con grandi flussi di profughi che cercano riparo rispetto alla ferocia dei combattimenti, con il carico che questo può comportare sia per il Kurdistan del Nord, sia per altre aree vicine a quelle in cui si svolgono i combattimenti principali: non dimenticherei Kirkuk e Rutbah, che è una cittadina sulla linea di collegamento tra Baghdad e Amman, in Giordania.

D. – Dopo un anno di silenzio, il leader al Baghdadi in un messaggio audio ha incitato i propri combattenti, in particolare quelli di Mosul, esortando poi attacchi in Arabia Saudita e Turchia. Perché?

R. – Al Baghdadi si sta giocando la carta decisiva: rispondere agli attacchi sul campo di tipo tradizionale, convenzionale, forza armata contro forza armata - anche se di natura irregolare - con la minaccia e l’azione terroristica, quindi tentando di colpire anche su teatri lontani per contribuire da un lato ad accrescere il richiamo dell’Is, quindi a fini propagandistici, e dall’altro a disgregare la volontà di combattere contro l’Is ad opera degli alleati, di coloro che fanno parte della coalizione anti Is.

D. – Dopo Mosul cosa accadrà?

R. – Qualora cadesse Mosul, la pedina successiva sarebbe con ogni probabilità Raqqa, in Siria. Qui si tratta di vedere anche quello che sarà l’impegno turco e che cosa la Turchia riuscirà, potrà fare, di fronte alle forti resistenze che oppongono l’Iraq, ma anche l’Iran e i curdi, a un maggiore coinvolgimento di Ankara, che è quello che vorrebbe il presidente Erdogan in Iraq, così come in Siria.








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