2016-11-07 14:12:00

Presidenziali Usa. Mammarella: prevale preoccupazione sul futuro


Gli Stati Uniti domani al voto per eleggere il 45.mo Presidente. Dopo una lunga campagna elettorale senza esclusione di colpi, gli elettori americani decideranno chi tra Donald Trump e Hillary Clinton dovrà succedere a Barack Obama. Gli ultimi sondaggi vedono in vantaggio la Clinton dopo che l’Fbi ha definitivamente chiuso l’indagine sullo scandalo delle email. Assieme al nuovo inquilino della Casa Bianca, gli americani saranno chiamati a rinnovare il Congresso. In 35 Stati poi si voterà anche su diversi referendum su molteplici temi: dalla pena di morte alla legalizzazione della marijuana, dal reddito minimo alla riforma sanitario. Come si presenta dunque l’America all’appuntamento di questa tornata elettorale? Alessandro Gisotti lo ha chiesto all’americanista Giuseppe Mammarella, professore emerito di Relazioni internazionali alla Stanford University:

R. – Un’America preoccupata, ansiosa, probabilmente senza chiare prospettive perché questa campagna elettorale – una delle peggiori che abbia mai avuto – non ha dato nessuna prospettiva. E’ una campagna elettorale fatta di insulti, di accuse, priva di ogni idea e di ogni programma. Quindi è chiaro che non è stata un punto di riferimento. Rimane, però, il fatto, l’importanza che ha assunto l’importanza della candidatura di Trump prima nelle primarie e poi nell’ultima campagna elettorale. Ecco: forse in questo noi europei abbiamo avuto un’informazione limitata, perché il rapporto tra Trump e una parte dell’elettorato è un rapporto che si rivela come un rapporto autentico, di qualcuno che riesce a interpretare le ansie, le preoccupazioni e le aspirazioni della gente.

D. – In alcune elezioni presidenziali si è visto, e in modo definito, che fosse l’economia la questione fondamentale, in altre la sicurezza; in questa sono gli scandali, oppure gli americani poi voteranno su temi specifici?

R. – L’economia non ha giocato un ruolo molto importante, durante questa campagna elettorale. La campagna elettorale è stata più che altro fondata e costruita, sia dall’uno sia dall’altra, su delle accuse al passato. Non dimentichiamo che la società americana sta uscendo da una fase estremamente drammatica di guerre, di crisi economiche che la presidenza Obama ha risolto soltanto in parte. Quindi, devo dire che questo – appunto – è il clima che predomina. Temi principali, soprattutto quelli del futuro: il futuro che specialmente la maggioranza bianca anglosassone vede con preoccupazione, soprattutto di fronte all’aumento delle minoranze. Nel 2050 – forse anche prima – la maggioranza bianca diventerà una minoranza, e questa forse è una delle preoccupazioni maggiori. E’ una forma nuova di razzismo, diversa da quella tradizionale: questa volta è una società ancora di maggioranza che ha paura di perdere il controllo della situazione.

D. – Trump ha detto che potrebbe non riconoscere il voto, qualora vincesse Hillary Clinton, mentre Hillary Clinton ha detto che se vince Trump è l’abisso, la catastrofe per la democrazia. Che cosa potrebbe venirne, poi, da un confronto così violento verbalmente, come probabilmente mai si è visto in America, il giorno dopo, dal 9 novembre?

R. – Penso che, se vincesse la Clinton, probabilmente ci sarebbe un tentativo – da parte dei sostenitori di Trump – di prolungare in qualche modo all’interno del Paese una specie di protesta organizzata. Al di là di quello che potrebbe essere il programma stesso del Partito repubblicano, il Partito repubblicano esce comunque da questa campagna elettorale profondamente diviso, quasi – addirittura – dilaniato. Quindi ci saranno senz’altro delle conseguenze, all’indomani, soprattutto se vince la Clinton, all’interno del Partito repubblicano: forse una rottura, forse una scissione; e la parte più estrema del Partito repubblicano potrebbe assumere – appunto – questa posizione di contrasto continuo nei confronti della nuova Amministrazione.








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