2016-11-08 11:08:00

Francia: raccolta dati per l'antiterrorismo. Rischi per la privacy


Dati anagrafici, genere sessuale, impronte digitali, colore degli occhi, sono alcune delle generalità che la Francia vuole raccogliere circa i suoi 60 milioni di abitanti, al fine di prevenire attacchi terroristici e criminalità. Milioni di dati verranno dunque inseriti in un database, il Tes (Titres Electroniques Securisés), con considerevole preoccupazione dei cittadini nel contesto della privacy e della libertà personale. Una rete accessibile alla polizia, forze dell’ordine in generale, Interpol e il coordinamento informativo dell’area Schengen secondo vincoli specificati. Il rischio, oltre a quello di essere costantemente sorvegliati, è la possibilità di furto di dati. Far convergere una mole importante di informazioni, infatti, rende quest’ultime vulnerabili in caso di cyber attacchi.

Il Prof. Maurizio Mensi docente di Diritto delle Informazioni e della Comunicazione alla Luiss, intervistato da Sabrina Spagnoli, ci spiega quali sono le incognite relative al tema della privacy.

R. – Lo strumento utilizzato è uno strumento molto delicato che suscita preoccupazioni rilevanti, per quanto riguarda la protezione dei diritti individuali e quelli della privacy. Questo evoca alla memoria anche quello che qualche giorno fa, il 6 ottobre, il governatore dello Stato di New York, Andrew Cuomo, ha dichiarato di voler fare: quindi sostanzialmente voler installare in tutta la città sistemi di riconoscimento facciale da collocare agli incroci stradali e in prossimità di punti sensibili come tunnel e ponti fuori Manhattan. E naturalmente, l’esigenza è quella di assicurarsi un controllo della popolazione per obiettivi assolutamente comprensibili: quelli della protezione dell’ordine pubblico, della tutela della sicurezza. Ma si tratta di strumenti delicatissimi che debbono essere attentamente calibrati.

D. – Raccogliere questi dati può essere un valido strumento per sventare attacchi terroristici?

R. – Questo è tutto da dimostrare. E’ chiaro che, per esempio, noi sappiamo che l’Fbi dispone di una banca dati biometrici poderosa, che è stata progettata per contenere svariati milioni di immagini di volti, per lo più di cittadini americani. Senza dubbio l’elemento importante è lo scambio di informazioni tra agenzie di sicurezza. Quindi è uno strumento utilissimo, quello della banca dati, lo scambio di dati e di informazioni; è un sistema formidabile e probabilmente efficace. Naturalmente, occorre verificarne le modalità di utilizzo, le condizioni di applicazione perché debbono esserci regole accurate, puntuali a protezione della privacy dei cittadini.

D. – E’ possibile applicare questo provvedimento anche in Italia? Cosa comporterebbe?

R. – Il nostro sistema è molto accurato e puntuale e, per esempio, messo a confronto con il sistema francese, devo dire che ha dato buona prova di sé: pensiamo al decreto anti-terrorismo. Il nostro è un Paese che ha mutuato le migliori pratiche a livello internazionale, assicurando un corretto e puntuale equilibrio tra privacy e sicurezza.








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