Papa Francesco ha ricevuto oggi nella Sala Clementina in Vaticano i partecipanti alla Plenaria del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani. Pubblichiamo di seguito il testo integrale del discorso:
L’unità dei cristiani è una delle mie principali preoccupazioni
Signori Cardinali, cari fratelli Vescovi e Sacerdoti,
cari fratelli e sorelle, sono lieto di incontrarvi in occasione della vostra Sessione
Plenaria, che tratta il tema “Unità dei cristiani: quale modello di piena comunione?”.
Ringrazio il Cardinale Koch per le parole che mi ha rivolto a nome di tutti voi. Nel
corso di quest’anno ho avuto l’opportunità di vivere tanti significativi incontri
ecumenici, sia qui a Roma sia durante i viaggi. Ognuno di questi incontri è stato
per me fonte di consolazione, perché ho potuto constatare che il desiderio di comunione
è vivo e intenso. In quanto Vescovo di Roma e Successore di Pietro, consapevole della
responsabilità affidatami dal Signore, desidero ribadire che l’unità dei cristiani
è una delle mie principali preoccupazioni, e prego perché essa sia sempre più condivisa
da ogni battezzato.
Unità cristiani, esigenza essenziale della fede
L’unità dei cristiani è un’esigenza essenziale della nostra fede.
un’esigenza che sgorga dall’intimo del nostro essere credenti in Gesù Cristo. Invochiamo
l’unità, perché invochiamo Cristo. Vogliamo vivere l’unità, perché vogliamo seguire
Cristo, vivere il suo amore, godere del mistero del suo essere uno con il Padre, che
poi è l’essenza dell’amore divino. Gesù stesso, nello Spirito Santo, ci associa alla
sua preghiera: «Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi [...]
Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità e il mondo conosca che tu
mi hai mandato e che li hai amati come hai amato me [...] Perché l’amore con il quale
mi hai amato sia in essi e io in loro» (Gv 17,21.23.26). Secondo la preghiera sacerdotale di Gesù,
ciò a cui aneliamo è l’unità nell’amore del Padre che viene a noi donato in Gesù Cristo,
amore che informa anche il pensiero e le dottrine. Non basta essere concordi nella
comprensione del Vangelo, ma occorre che tutti noi credenti siamo uniti a Cristo e
in Cristo. È la nostra conversione personale e comunitaria, il nostro graduale conformarci
a Lui (cfr Rm
8,28), il nostro vivere sempre più in Lui (cfr Gal 2,20), che ci permettono di crescere nella comunione tra
di noi. Questa è l’anima che sostiene anche le sessioni di studio e ogni altro tipo
di sforzo per giungere a punti di vista più ravvicinati. Tenendo bene a mente questo, è possibile smascherare alcuni falsi modelli di comunione che in
realtà non portano all’unità ma la contraddicono nella sua essenza.
L'unità non è il frutto dei nostri sforzi ma dono che viene dall'alto
Innanzitutto, l’unità non è il frutto dei nostri sforzi umani
o il prodotto costruito da diplomazie ecclesiastiche, ma è un dono che viene dall’alto.
Noi uomini non siamo in grado di fare l’unità da soli, né possiamo deciderne le forme
e i tempi. Qual è allora il nostro ruolo? Che cosa dobbiamo fare noi per promuovere
l’unità dei cristiani? Nostro compito è quello di accogliere questo dono e di renderlo
visibile a tutti. Da questo punto di vista, l’unità, prima che traguardo, è cammino, con le sue
tabelle di marcia e i suoi ritmi, i suoi rallentamenti e le sue accelerazioni, e anche
le sue soste. L’unità come cammino richiede pazienti attese, tenacia, fatica e impegno;
non annulla i conflitti e non cancella i contrasti, anzi, a volte può esporre al rischio
di nuove incomprensioni. L’unità può essere accolta solo da chi decide di mettersi
in cammino verso una meta che oggi potrebbe apparire piuttosto lontana. Tuttavia,
colui che percorre questa strada è confortato dalla continua esperienza di una comunione
gioiosamente intravista, anche se non ancora pienamente raggiunta, ogni volta che
si mette da parte la presunzione e ci si riconosce tutti bisognosi dell’amore di Dio.
E quale legame unisce tutti noi cristiani più dell’esperienza di essere peccatori
ma allo stesso tempo oggetto della infinita misericordia di Dio a noi rivelata da
Gesù Cristo? Parimenti, l’unità di amore è già realtà quando coloro che Dio ha scelto
e chiamato a formare il suo popolo annunciano insieme le meraviglie che Egli ha compiuto
per loro, soprattutto offrendo una testimonianza di vita piena di carità verso tutti
(cfr 1 Pt
2,4-10). Per questo, amo ripetere che l’unità
si fa camminando, per ricordare che quando camminiamo
insieme, cioè ci incontriamo come fratelli, preghiamo insieme, collaboriamo insieme
nell’annuncio del Vangelo e nel servizio agli ultimi siamo già uniti. Tutte le divergenze
teologiche ed ecclesiologiche che ancora dividono i cristiani saranno superate soltanto
lungo questa via, senza che noi oggi sappiamo come e quando, ma ciò avverrà secondo
quello che lo Spirito Santo vorrà suggerire per il bene della Chiesa.
L'unità non è uniformità
In secondo luogo, l’unità
non è uniformità. Le differenti tradizioni teologiche,
liturgiche, spirituali e canoniche, che si sono sviluppate nel mondo cristiano, quando
sono genuinamente radicate nella tradizione apostolica, sono una ricchezza e non una
minaccia per l’unità della Chiesa. Cercare di sopprimere tale diversità è andare contro
lo Spirito Santo, che agisce arricchendo la comunità dei credenti con una varietà
di doni. Nel corso della storia, vi sono stati tentativi di questo genere, con conseguenze
che talvolta fanno soffrire ancora oggi. Se invece ci lasciamo guidare dallo Spirito,
la ricchezza, la varietà, la diversità non diventano mai conflitto, perché Egli ci
spinge a vivere la varietà nella comunione della Chiesa. Compito ecumenico è rispettare
le legittime diversità e portare a superare le divergenze inconciliabili con l’unità
che Dio chiede. Il permanere di tali divergenze non ci deve paralizzare, ma spingere
a cercare insieme il modo di affrontare con successo tali ostacoli.
L'unità non è assorbimento
Infine, l’unità non
è assorbimento. L’unità dei cristiani non comporta
un ecumenismo “in retromarcia”, per cui qualcuno dovrebbe rinnegare la propria storia
di fede; e neppure tollera il proselitismo, che anzi è un veleno per il cammino ecumenico.
Prima di vedere ciò che ci separa, occorre percepire anche in modo esistenziale la
ricchezza di ciò che ci accumuna, come la Sacra Scrittura e le grandi professioni
di fede dei primi Concili ecumenici. Così facendo, noi cristiani possiamo riconoscerci
come fratelli e sorelle che credono nell’unico Signore e Salvatore Gesù Cristo, impegnati
insieme a cercare il modo di obbedire oggi alla Parola di Dio che ci vuole uniti.
L’ecumenismo è vero quando si è capaci di spostare l’attenzione da sé stessi, dalle
proprie argomentazioni e formulazioni, alla Parola di Dio che esige di essere ascoltata,
accolta e testimoniata nel mondo. Per questo, le varie comunità cristiane sono chiamate
non a “farsi concorrenza”, ma a collaborare. La mia recente visita a Lund mi ha fatto
ricordare quanto sia attuale quel principio ecumenico lì formulato dal Consiglio Ecumenico
delle Chiese già nel 1952, che raccomanda ai cristiani di «fare insieme tutte le cose,
salvo in quei casi in cui le profonde difficoltà di convinzioni avessero imposto di
agire separatamente». Vi ringrazio per il vostro
impegno, vi assicuro il mio ricordo nella preghiera e confido nel vostro per me. Il
Signore vi benedica e la Madonna vi protegga.
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