2016-11-14 15:01:00

Caritas Italia: "Europa no exit", sulle sfide per il vecchio continente


È iniziato oggi il seminario organizzato dalla Caritas italiana “Per un’Europa no exit” dove, approfondendo il tema delle politiche europee, in modo particolare a partire dagli ultimi e dagli esclusi, si cercherà di capire qual è il loro effettivo riscontro tra le persone e le comunità. Si parlerà quindi di lotta alla povertà, di politiche sociali, dei diritti degli esclusi e della grande sfida delle migrazioni. Nell’occasione verrà poi presentato il 20° Dossier di approfondimento di Caritas Italiana, un volume che approfondisce il tema dell’impatto della crisi economica e finanziaria sul tradizionale sistema di welfare europeo, intitolato "Generatori di risorse. L’economia Sociale: un approccio per un nuovo welfare”. Quali sono quindi le prospettive e le speranze? Francesco Gnagni ne ha parlato con don Francesco Soddu, direttore di Caritas Italiana:

R. – Le prospettive dovremmo cercarle tutti assieme, non dico inseguendo ma sostando su quelli che sono gli interrogati che da parte ecclesiale e da parte delle istituzioni ci vengono posti; prendendoli in prima persona e ciascuno di noi dando un contributo. Ripercorrere quelle che sono le tappe storiche che hanno portato all’Unione Europea, certamente ci fa bene, ma cercando di sostare su quelle che sono le criticità e cercando di fare di più; avendo non tanto la capacità ma l’ardire di quanto è nelle nostre forze, nelle nostre capacità, e in modo particolare affidandoci – in quanto cristiani – a quanto ci proviene dalla Sacra Scrittura nell’azzardare a tessere sempre quelle trame di solidarietà e di convivenza pacifica, promuovendo soprattutto i più poveri: ecco, questo ci porterebbe certamente ad un’Europa nuova, ad un’Europa fatta non soltanto su principi più di una volta decantati, ma soprattutto a principi che vengono prima di tutto vissuti, che vengono vissuti dalle comunità locali, dalle comunità ecclesiali, dalle comunità istituzionali a livello più piccolo. Questa mattina ho raccolto l’immagine, quasi provocatoria, del premier Renzi che davanti alla Basilica del Patrono d’Europa, San Benedetto, ha detto: “Così come questa rinascerà, certamente anche l’Europa dovrebbe e dovrà rinascere”.

D. – Di fronte alle difficoltà però si tende sempre più spesso a chiudersi nella paura. Come ritrovare la speranza?

R. – Tutto ciò su cui si costruisce oggi è, appunto, la paura. Siamo davanti ad un vero e proprio paradosso: se uno dei fondamenti su cui è andata a ipotizzarsi, appunto, l’Europa è stato il desiderio di allontanare la paura di poter incorrere su quei gravi errori che furono dati proprio dalla chiusura, dall’affermazione di sé, dai nazionalismi esasperati e contrapposti che la portarono a conseguenze gravissime; oggi quella stessa paura viene certamente esibita per una vera e propria inversione di marcia. Davanti a questo dovremmo veramente interrogarci, accogliendo soprattutto quelli che sono gli orientamenti dati da un personaggio che oggi sembra ed è per noi l’unica figura di riferimento a lunga scadenza, quella cioè del Santo Padre, che ci dice che una pace duratura è la costruzione di un’Europa bella nella misura in cui si ricordano soltanto i valori fondativi, ma nella misura in cui quei valori fondativi sono messi oggi non tanto in discussione, ma sono fatti vibrare dalle membra vive di una comunità accogliente. Questo può veramente essere un grande segno di speranza. Ma ad iniziare dai cristiani, ad iniziare da coloro che sono le guide all’interno della Chiesa e cioè i sacerdoti. Papa Francesco ci ricorda che tutto questo deve essere fatto camminando assieme. Probabilmente i principi teorici devono essere messi in seconda fila: prima di tutto la voglia e il desiderio di costruire assieme. Ecco, questo è un grande segno di speranza che Papa Francesco ci sta dando tutti i giorni, nella misura in cui incontra le persone, incontra i grandi, incontra i diversi secondo le idee, secondo le ideologie, secondo anche i punti di vista che possono essere anche teologici. Ma nella misura in cui ci si incontra tutto questo viene non dico ad appiattirsi, ma certamente ad affievolirsi in vista di una costruzione politica, religiosa ed ecclesiale migliore.








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