2016-11-14 13:57:00

Indonesia: morta una delle bimbe ferite nell'attentato alla chiesa


È morta una delle quattro bambine ferite in un attentato avvenuto ieri ai danni di una chiesa cristiana protestante a Samarinda, in Indonesia. Olivia Intan Marbun stava giocando con altri bambini davanti la chiesa, quando un ordigno rudimentale è esploso travolgendo lei e gli altri bambini. Arrestato dalla polizia, il presunto assalitore è un ex carcerato per terrorismo, sospettato di legami con il sedicente Stato islamico. Jo Bin Muhammad Aceng Kurnia, conosciuto anche come Johanda, era stato arrestato nel 2011 per aver progettato attacchi al Centro di scienza e tecnologia di Puspitek Serpong, a sud-ovest di Jakarta. Condannato a tre anni e sei mesi, era stato rilasciato su cauzione nel 2014 per partecipare alla festività di “Eid El Mubarak”, ottenendo uno sconto di pena. Invece del pentimento, l’uomo ha continuato nel perpetrare azioni criminose fino all’ultimo attentato per cui sono stati fermati altri cinque uomini. A commentare l’accaduto, intervistato da Sabrina Spagnoli, padre Bernardo Cervellera, direttore dell'agenzia AsiaNews:

R. – Avvengono perché ci sono infiltrazioni di tipo terroristico, di tipo radicale, che molto spesso poi sono utilizzate per scopi politici o per distruggere un po’ questa convivenza tra cristiani e musulmani.

D. – L’assalitore è già noto per simili precedenti ed era stato rilasciato su cauzione per la festività islamica… Essendo dunque a conoscenza di questi trascorsi, non è forse una leggerezza burocratica rilasciare un terrorista?

R. – Si lo è. D’altra parte essendoci questi gruppi anche fondamentalisti, il governo cerca di tenere buoni tutti, quindi quando c’è Natale liberano alcuni cristiani, quando c’è invece qualche festa islamica, liberano qualche musulmano. Certo, il problema grosso, secondo me, è che questo fondamentalismo che sta venendo fuori adesso, in queste settimane, in Indonesia è molto motivato politicamente: cioè, alcuni politici indonesiani vogliono a tutti i costi mettere in crisi il governo di Joko Widodo, che sarebbe il Presidente, e il governo del governatore di Jakarta, che è un cristiano… Ci sono alcuni che con la scusa di essere musulmani vogliono governare loro ma in realtà è una questione di potere più che di confessione.

D.  – Quali sono i provvedimenti adottati in Indonesia per chi si macchia di terrorismo e cosa viene fatto in via preventiva?

R. – In via preventiva questi Paesi non hanno molta esperienza di chissà quali grandi strutture, ci sono i soldati, ci sono controlli nelle varie città. Però, certo, continuamente il terrorismo sfora questa sicurezza. L’altra cosa è che ci possono essere all’interno della società o rapporti famigliari o rapporti di potere con l’esercito, con la polizia, per cui, qualche volta, questi rapporti inclinano il muro della sicurezza.

D.  – Come procede in Indonesia il dialogo tra cristiani e musulmani? Si è arrivati ad un punto di incontro o il cammino è ancora lungo?

R. – Gli incontri ci sono sempre. In Indonesia, il fondamentalismo dura da pochi decenni e sono sempre gruppi che soffiavano dall’esterno: una volta c’era Gheddafi, poi c’era l’Arabia Saudita… Tante volte poi l’islam è stato utilizzato per dividere la società e far rafforzare la funzione dell’esercito, dentro nella società. Ma, per esempio, ci sono state manifestazioni alcuni giorni fa di musulmani, fondamentalisti, integralisti, e le due organizzazioni maggioritarie musulmane - che raccolgono all’incirca 30 milioni di persone - si sono dette contrarie a quelle manifestazioni perché erano politicamente motivate. Quando c’è il Natale o la Pasqua queste organizzazioni che fanno i cordoni intorno alle chiese per evitare che durante le feste di Natale o di Pasqua avvengano gli attentati. Quindi c’è un rapporto che è stabile e continuo ma ci sono queste frange fondamentaliste che cercano più il potere che la distruzione apocalittica delle minoranze.








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