2016-11-16 14:02:00

Mons. Zenari: non bombardate la speranza del popolo siriano


“Fermate la violenza non uccidete, non bombardate la speranza delle persone”. E’ l’appello lanciato ai nostri microfoni da mons. Mario Zenari, nunzio apostolico a Damasco, che sabato riceverà dal Papa la berretta cardinalizia. Il giorno dopo vivrà in Piazza San Pietro la chiusura del Giubileo. Su questi due importanti eventi e in relazione alla guerra in Siria ascoltiamo lo stesso mons. Zenari intervistato da Massimiliano Menichetti:

R. – La porpora per un cardinale vuol dire sangue, essere disposto, pronto a dare il sangue per la fedeltà a Cristo e la difesa della Chiesa, ma appena ho appreso della decisione del Papa ho pensato alla Siria: questa porpora ha il sangue di tante persone, soprattutto bambini. E quindi, ecco, porterò tutte queste persone, questa sofferenza con me sabato e poi domenica in Piazza San Pietro …  Sono otto anni che vengo Siria alla Tomba di San Pietro – adesso sabato e domenica – e ogni volta scelgo la veste più adatta, oppure il clergyman, ma le scarpe sono le più usuali perché dico: lì sotto sarà sicuramente, anche se una parte infinitesimale, sangue innocente che ho calpestato. Ad esempio ricordo il balconcino dove due fratellini, in un quartiere molto molto popolare di Damasco – uno di quattro anni e uno di nove – aspettavano la loro mamma e un proiettile di mortaio li ha colpiti: sono morti sul colpo. Probabilmente, sotto le suole delle mie scarpe c’è qualche parte infinitesimale di questo sangue. Ricordo qualche mese fa, ancora, ad Aleppo: mi hanno chiamato perché era caduto un altro proiettile di mortaio in una casa per anziani tenuta da una congregazione religiosa. Sono arrivato lì, in fretta, accompagnato dal vescovo; siamo entrati in questa sala dove c’era sangue sparso in terra, perché il colpo aveva centrato in pieno un’anziana signora. Ecco: allora, quando vengo in San Pietro scelgo le scarpe che indosso sempre per dire: porto questa sofferenza, questo sangue davanti alla Tomba di San Pietro. E mi sembra che San Pietro a volte mi dica: “Ma caro nunzio, cosa semini qua davanti alla mia tomba?” – e io dico: “San Pietro, è il sangue dei nostri cristiani, della gente che hai conosciuto. Fai qualcosa, per questa povera gente …”.

D. – Lei domenica sarà alla cerimonia conclusiva dell’Anno giubilare della Misericordia. Nel contesto che ha appena descritto, che significato ha, questa parola?

R. – Credo che là, in Siria, proprio non si possa parlare di chiusura di Anno della Misericordia. Il luogo dove la misericordia corporale e spirituale era a 360° - ed è ancora – io lo vedo in Siria: 13 milioni e mezzo, circa, che hanno bisogno su 23 milioni di abitanti che contava il Paese prima del conflitto; se pensiamo ai cinque milioni ai quali è difficile fare arrivare gli aiuti perché si trovano tra fuochi incrociati; altre migliaia di persone che sono assediate; alcuni arrivano a parlare di due milioni di feriti e tra questi diversi amputati: ho visto anche bambini, giovani … Si parla di quattro milioni e mezzo di rifugiati … se pensiamo agli sfollati interni, che a volte sono sfollati più di una volta, perché fuggono da un bombardamento, si rifugiano in un’altra località, arriva ancora il conflitto e quindi … I circa sette milioni di sfollati interni … direi che la Siria è un campo di misericordia corporale e spirituale a tutto campo … Dar da mangiare a questi 13 milioni di persone … dar da bere agli assetati: un grosso problema è l’acqua potabile. Sono state distrutte condutture, tante malattie vengono anche perché l’acqua che arriva non è più potabile … Curare gli infermi, i malati: si arriva a dire due milioni di feriti … Seppellire i morti: in Europa si telefona a un’agenzia e si fa il funerale. In Siria ci sono persone, preti, che hanno rischiato la vita per andare a raccogliere sulla strada dei cadaveri sotto il tiro dei cecchini! E quindi, seppellire i morti: si parla di 400 mila morti … E poi, perdonare le offese. Ecco, io dico sempre: i danni che si vedono all’esterno sono gravi. Gravissimi. Però, quello che non si vede, i danni più grossi, sono le bombe che sono entrate negli animi, nel cuore di tanti giovani, di tanti bambini che hanno visto questa violenza … Domani, con i soldi si ricostruiranno, in qualche anno, questi palazzi, le infrastrutture; ma come rifare il cuore, gli animi di questi bambini, che portano queste ferite profonde? Sarà una sfida per tutte le religioni presenti in Siria, questa ricostruzione degli animi!

D. – Sul fronte politico internazionale, il nuovo presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, si insedierà il 20 gennaio prossimo. Si parla già da ora di rapporti diversi con la Russia, con il presidente siriano Assad … Secondo lei, cosa si profila?

R. – E’ difficile prevedere … C’è sempre il solito detto: “Wait and see”. Speriamo … Ho visto questo conflitto che nel giro di questi quasi sei anni, purtroppo è andato evolvendosi in una maniera sempre peggiore, imprevista. Però, si può sempre incominciare una strada, rifare il cammino … Io vorrei ricordare – pochi lo menzionano – in tutte queste cose che sono andate malissimo, che c’è stata una cosa che ha quasi del miracoloso: nel settembre 2013 c’è stata quell’iniziativa molto bella di preghiera e di digiuno lanciata da Papa Francesco. Eravamo, in Siria, in un momento molto, molto difficile: poteva capitare di tutto da un momento all’altro. Con l’aiuto della preghiera e con la coscienza che si è cercato di risvegliare in tutto il mondo, c’è stato – nelle settimane successive – lo smantellamento di un grosso arsenale chimico. Lì, bisogna dire che c’è stata la convergenza tra Stati Uniti e Russia. Certamente questo – bisogna anche dire – è avvenuto prima della crisi della Crimea, prima della crisi dell’Ucraina. Ma le preghiere che sono state fatte in tutto il mondo, il digiuno, questa convergenza – nel 2013 – tra Stati Uniti e Russia, hanno fatto sì che si sbloccasse questo grosso problema dell’arsenale chimico. Quindi, visto questo vento positivo, potrebbe anche ripetersi questa strada …

D. – Il Papa tante volte ha ribadito: è un abominio utilizzare le religioni per muovere le guerre, schiacciare gli altri. Cosa possono fare, secondo lei, le religioni, nel contesto siriano?

R. – In Siria, nella maggioranza sono musulmani; è un Islam moderato e c’è stato finora un buon mosaico di convivenze tra i diversi gruppi etnico-religiosi e una buona convivenza, convivialità. Certamente questi cinque anni e mezzo e più di guerra hanno creato delle fessure in questo mosaico, ma credo che con buona volontà si possa riparare. E credo che in questo Islam moderato le frange estremiste siano messe al bando, e questo Islam moderato con l’apporto dei Cristiani, possa far fronte, tener lontana la minaccia di usare la religione per uccidere.

D. – Qual è il suo appello attraverso la Radio Vaticana?

R. – L’appello è quello che ripete sempre il Papa: cessate la violenza, aprite le strade agli aiuti umanitari, non uccidete … Non bombardate la speranza!








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