2016-11-19 08:00:00

Clima: chiude Cop 22 con un piano di lavoro e un Fondo verde


Chiusa nella notte in Marocco la conferenza Onu sul clima, Cop22. I 196 paesi partecipanti hanno adottato un programma di lavoro per attuare entro il 2018 l'Accordo siglato a Parigi l’anno scorso, sulla lotta al surriscaldamento del pianeta, e hanno istituito un Fondo Verde per aiutare i Paesi in via di sviluppo. I dettagli nel servizio di Gabriella Ceraso:

Impegno politico massimo per lottare il riscaldamento globale: lo avevano già scritto nella dichiarazione finale i paesi riuniti a Marrakech giovedì scorso. Da stanotte nero su bianco non provvedimenti concreti, ma un piano di lavoro. Entro il 2020 le emissioni di gas serra vanno ridotte per massimizzare le possibilità di restare entro i due gradi centigradi di aumento delle temperature, dai livelli preindustriali, come sancito a Parigi. Nel 2018 la tappa intermedia vedrà la comunità scientifica dettare regole alla politica ancora troppo lentae timida nei suoi provvedimenti. Su questo c’è l’accordo e la collaborazione anche di Cina e Arabia Saudita: monito diretto al neo eletto alla Casa Bianca che ha minacciato invece di uscire dgli accordi di Parigi, cui Obama aveva tanto lavorato, considerando il surriscaldamento planetario non irreversibile bensì una "bufala". "Contiamo sul suo pragmatismo statunitense per quello che il nostro pianeta sarà domani" ha detto il presidente di Cop22 insieme al premier dell'arcipelago delle isole Fiji che rischia di sparire sommerso dallo scioglimento dei ghiacciai. Tra i temi più spinosi, infine quello finanziario: tra donatori e riceventi molti i dissensi, ma alla fine l’accordo è arrivato per 100 miliardi di dollari l’anno a partire dal 2020, da mettere a disposizione dei Paesi in via di sviluppo per limitare i danni e prevenire gli effetti del cambiamento climatico.

Per un giudizio sui principali risultati della Cop 22 al microfono di Gabriella Ceraso, sentiamo la responsabile clima ed energia del Wwf Italia, Maria Grazia Midulla:

R. – Io credo che la Dichiarazione sia stata più che altro un segnale politico molto forte, da parte di tutti i Paesi insieme, sul fatto che l’Accordo di Parigi debba andare avanti. E’ stato sicuramente un passaggio importante, percè parla di processo irreversibile. Dobbiamo andare più veloci, gli obiettivi dei Paesi di riduzione delle emissioni di anidride carbonica e degli altri gas serra sono troppo timidi. Nel 2018 arriverà il Rapporto dell’Ipcc sul come rimanere su un grado e mezzo di riscaldamento globale e dobbiamo decidere come adeguare a quello che ci indica la comunità scientifica gli obiettivi dei singoli Paesi e le politiche.

D. – Quindi prossimo step nel 2018 e un lavoro serrato fino a quella data. Quali altri elementi positivi sono emersi da Marrakech?

R. – C’è sicuramente l’enfasi enorme data alla questione dell’educazione, come creazione di una cultura che porti al rispetto della natura e che porti naturalmente ad adattarsi a un mondo in cui noi dovremmo consumare di meno e far fronte all’impatto del cambiamento climatico. L’altro aspetto importante è naturalmente la questione dei soldi, che devono servire ai Paesi più deboli per far fronte all’inevitabile cambiamento climatico e soprattutto per intraprendere la strada della decarbonizzazione. Ovviamente molti Paesi sviluppati sono in crisi, ma si stanno sottoscrivendo degli impegni e noi ci auguriamo che questo verrà fatto e la novità è anche la Cina e altri Paesi stanno attuando una cooperazione Sud-Sud. Un’altra questione importante è la tecnologia, perché ovviamente queste tecnologie vanno rese disponibili: noi sappiamo che la questione dei brevetti, delle patenti per l’uso di alcune tecnologie è sempre molto rilevante. Insomma, siamo in un mondo che si sta trasformando per il meglio, dove però chi ha degli interessi da difendere sta lavorando alacremente per cercare di non far intraprendere questa strada.

D – A proposito di soldi: questa cifra di 100 miliardi di dollari che è circolata, è una cifra reale?

R. – E’ una cifra reale che era già contenuta nel cosiddetto Accordo di Copenaghen. Dovrebbe arrivare entro il 2020 e quindi tutti i Paesi stanno cercando di mettere mano al portafoglio, anche se c’è ancora un po’ di vaghezza rispetto agli impegni che verranno presi.

D. – Da osservatrice ritiene che il mondo sia più consapevole della necessità di agire?

R. – Credo che la coscienza dei rischi ci sia; la coscienza del fatto che questo implichi la solidarietà è una strada ancora da costruire, perché noi viviamo in un’epoca di grandi contraddizioni e grande egoismo. La cosa che – secondo me – va particolarmente sottolineata è quella che, oggi come oggi, non si può fare a meno della solidarietà e non si può fare a meno dell’azione. Credo che se i governi deluderanno le aspettative sul cambiamento climatico, andranno ad aggravare la crisi della politica e questo vorrebbe dire, in un qualche modo, condannare il mondo a un caos ancora maggiore di quello che già c’è. 








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