2016-11-19 15:59:00

Giovagnoli: tema della Misericordia centrale anche dopo il Giubileo


Con la chiusura della Porta Santa di San Pietro, si è concluso il Giubileo straordinario della Misericordia, annunciato da Francesco nel marzo del 2015 e iniziato l'8 dicembre scorso. “E’ un cammino che inizia con una conversione spirituale”, disse allora il Papa spiegando che aveva pensato a un modo in cui la Chiesa avrebbe potuto rendere “più evidente la sua missione di essere testimone della Misericordia”. Per un bilancio di questo Anno Santo straordinario, Francesca Sabatinelli ha intervistato lo storico Agostino Giovagnoli:

R. – Credo che il bilancio più importante di questo Anno Santo sia quello di aver portato al centro della predicazione di tanti sacerdoti, della riflessione dei teologi, e via dicendo, il tema della misericordia. E questa è in qualche modo una riforma che è stata introdotta nel modo di pensare e quindi, poi, anche di essere, della Chiesa cattolica di tutto il mondo. Questo non è poco, è certamente un passo in avanti, che ha coinvolto tanti e che ha portato a comprendere qualcosa che poi è al centro anche del messaggio conciliare!

D. – Le ultime due domeniche giubilari sono state rivolte ai detenuti e poi ai senza fissa dimora, agli emarginati. Quanto di questo messaggio di carità, fortemente voluto da Papa Francesco, arriva a tutti quei fedeli che forse guardano con fastidio a queste categorie di persone, che sono gli ultimi, ma che sono stati gli “eletti” di quest’Anno Straordinario?

R. – Nella Evangelii Gaudium, Papa Francesco ha parlato dell’attenzione ai poveri, della scelta preferenziale per i poveri, come di qualche cosa che sicuramente avrebbe incontrato molte resistenze e molte difficoltà. È stato “profeta”, possiamo dire, perché certamente il suo messaggio è molto chiaro ed è, credo, arrivato ancora di più, durante questo Anno Santo della Misericordia, a tutti. E’ stato anche accolto da tutti ma, certamente, ha incontrato quelle resistenze che vogliono mantenere questo tema ai margini della vita di fede, della vita della Chiesa. Questa è certamente una questione cruciale di questo Pontificato, ed è anche un problema della Chiesa contemporanea, perché questo non è un messaggio che può essere archiviato, messo da parte, o inserito come tante altre cose, con la stessa importanza. Il povero è Cristo, l’incontro con il povero è esperienza di fede, dunque non è assolutamente qualche cosa di marginale. E credo che questo Anno Santo abbia contribuito molto a rendere questo discorso centrale per la fede di tanti.

D. – Questo è stato un "Giubileo delle periferie"; è stato aperto da Papa Francesco nella Repubblica Centrafricana, a Bangui; sono state aperte Porte Sante che per la prima volta non davano su cattedrali, su basiliche, come quella della “carità”, aperta all’ostello della Caritas di Roma di Via Marsala. Cosa ha significato questo per i fedeli?

R. – Io credo che la scelta del Giubileo “diffuso” sia stata la scelta di innestare lo straordinario nell’ordinario. Ecco, credo che l’idea che ha accompagnato questo Anno Santo sia che quest’ultimo non finisce nella sua eccezionalità e nella sua straordinarietà: deve prolungarsi. E in questo rientra anche la diffusione nelle periferie, anzi: è cominciato dalle periferie. In questo modo il Papa ha allargato il coinvolgimento di tutti coloro che non potevano venire a Roma per tanti motivi. Anche se io credo che non vada sottovalutato che comunque venti milioni di pellegrini sono venuti a visitare la città del Papa, questo sta a indicare che non si tratta di un banale decentramento, ma di una diffusione di uno spirito, di un’esperienza, di una direzione di cammino che, tuttavia, non incrina il senso dell’unità e della comunione cattolica.

D. – Quali gesti, quali immagini di Papa Francesco, nell’arco di questo Anno Giubilare, sono rimasti più impressi e rimarranno più nella storia?

R. – I gesti più importanti sono stati certamente gli incontri con i leader cristiani, i rappresentanti di altre Chiese, con il Patriarca Bartolomeo, e tanti altri incontri. Si è parlato di una “accelerazione del cammino ecumenico”. Anche la partecipazione alle celebrazioni per i 500 anni di Lutero va in questa direzione, così come il dialogo per la pace condiviso con altri leader religiosi ad Assisi: ecco, questi gesti indicano una volontà di imporre il Dio della misericordia, anche come riferimento fondamentale del percorso ecumenico. Questo, certamente, ha reso ancora più evidente la volontà di connettere il cammino di oggi della Chiesa con l’esperienza conciliare, ciò che il Papa ha richiamato come “inizio” di un percorso, che ha trovato in quest’Anno non una definitiva applicazione, perché certamente c’è ancora molto da fare, ma un momento di certo tra i più significativi di questo lungo proseguire, che sta portando la Chiesa a essere sempre più simile a quella immaginata dai padri del Concilio.








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