2016-11-19 11:55:00

Yemen, al via la tregua. Drammatica la situazione dei civili


In Yemen è entrata in vigore la tregua di 48 ore stabilita dall'Arabia Saudita che guida la coalizione in lotta, dal marzo 2015, contro i ribelli Houthi nel Paese. Il cessate-il-fuoco potrebbe essere esteso se gli Houthi e il loro principale alleato, il partito dell'ex presidente Ali Abdallah Saleh, si impegneranno nel rispettarlo. La tregua è stata stabilita per consentire la consegna degli aiuti umanitari agli abitanti delle zone di conflitto, al momento però si segnalano ancora combattimenti.  Nel Paese la situazione per i civili è sempre più drammatica, il conflitto ha condotto il Paese, il più povero nel mondo arabo, sulla soglia della fame.Clarissa Guerrieri ha intervistato Andrea Dessì, ricercatore dell'Istituto Affari Internazionali, esperto in Medioriente e risoluzione dei conflitti:

R. – Lo Yemen è un Paese dilaniato da ormai più di un anno di guerra. Ci sono due aspetti del conflitto: quello dell'intervento esterno della coalizione militare guidata dall’Arabia Saudita,e questo implica una serie di bombardamenti aerei molto pesanti e molto dannosi per il tessuto sociale e anche strutturale del Paese, raid che hanno prodotto ad oggi più di 10 mila morti e più di 35 mila i feriti. C'è poi l'aspetto umanitario, che sta peggiorando e anche per questo, a livello internazionale e regionale, si stanno attivando sempre più iniziative diplomatica per portare porre fine a questo conflitto.

D. – Per quanto riguarda le condizioni umanitarie dei civilib cosa può dirci?

R. – Le condizioni umanitarie peggiorano sempre più. C’è da dire che le Nazioni Unite, così come altre organizzazioni internazionali, hanno dichiarato ormai da mesi che quella in atto in Yemen è una seria crisi umanitaria, che rischia di aggravarsi sempre di più. Ad oggi, più della metà delle infrastrutture mediche del Paese non sono più attive e ci sono bombardamenti aerei sempre più pesanti e violenti, che colpiscono in maniera indiscriminata molte aree civili del Paese.

D. – La tregua di 48 ore come è vista?

R. –  Pochi giorni fa – giovedì scorso – il segretario di Stato americano, John Kerry, dopo un lungo colloquio con gli esponenti dei ribelli yemeniti in Oman, aveva annunciato l’inizio di una tregua in Yemen, dichiarazioni che non era state viste di buon occhio da parte dei sauditi, che si erano detti sorpresia anche per non essere stati interpellati durante il processo dei negoziati. La tregua odierna viene descritta come una tregua umanitaria, per consentire l’invio di aiuti umanitari alle popolazioni più colpite. Ci sono stati sei tentativi di tregua, tutti e sei sono falliti, l’ultimo risale allo scorso mese di ottobre, quando un bombardamento saudita ha colpito una veglia funebre, uccidendo 150 persone nella capitale yemenita, Sana’a. Quindi, tutti i tentativi passati di tregua sono purtroppo falliti e non sono stati rispettati sul territorio.

D. – Dopo il fallimento di questi tentativi di tregua, secondo lei, ci sono possibili vie di uscita per questo Paese?

R. – E’ molto difficile da dire. Al momento il conflitto yemenita si colloca all’interno di un quadro regionale molto complesso e un passaggio principale sarà un accordo politico tra i sostenitori delle diverse parti in contrasto che sono all’esterno dello Yemen. L’unica soluzione può essere politica: lo Yemen, ormai da decenni, è un Paese in cui ci sono molti problemi politici. E’ molto improbabile che entro la fine dell’anno ci possa essere un accordo generale politico. Come primo passo potrebbe esserci un cessate-il-fuoco esteso per più di una settimana, dopodiché bisognerà iniziare il lavoro, molto più difficile, di un negoziato politico tra le parti, aiutate dai loro sostenitori esterni.








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