2016-11-30 12:47:00

Comunità Giovanni XXIII all’Ue: creare in Siria zone umanitarie


In Siria infuria la battaglia per la riconquista di Aleppo. L’Onu definisce ormai “spaventosa” la situazione nella città, con 20 mila civili in fuga dai combattimenti tra cui due bambini. Dovrebbe tenersi oggi stesso intanto, la seduta straordinaria del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, della quale la Francia ha chiesto la convocazione "immediata" per discutere del "disastro umanitario" in atto ad Aleppo. E ieri è stata resa nota una proposta dai siriani per la Siria: creazione di zone umanitarie, cessazione della guerra e creazione di un governo di consenso nazionale che rappresenti tutti i siriani. Questi alcuni dei punti salienti della richiesta inviata alla Commissione Europea da parte del popolo siriano stanziato nei campi profughi del nord del Libano. Promossa da Operazione Colomba, Corpo Nonviolento di Pace della Comunità Papa Giovanni XXIII, l’istanza è stata accolta dal vicepresidente Ue Frans Timmermans, il quale ha ricevuto una delegazione di volontari della Comunità nella giornata di lunedì. Alberto Capannini, volontario di Operazione Colomba, ha spiegato a Sabrina Spagnoli in cosa consiste la petizione:

R. – Noi abbiamo vissuto per tre anni e stiamo tuttora vivendo in un campo profughi del nord del Libano con dei profughi siriani e queste persone hanno sperimentato che non hanno nessuna possibilità di futuro nei campi profughi del Libano. Né possono tornare nella Siria, in cui abitavano perché le loro città sono ancora sotto bombardamento e il governo nel caso vincesse la guerra, non garantirebbe loro nessuna sicurezza, visto che sono stati già incarcerati, torturati, tanti di loro uccisi. Quindi loro dicono: noi, sul modello delle zone umanitarie in Colombia, vorremmo poter tornare in Siria, nel nostro Paese, con la protezione internazionale vorremmo non dare appoggio a nessuno dei gruppi armati che si stanno combattendo e chiediamo solamente di vivere.

D. –Qual è adesso la situazione sul territorio, cosa viene fatto per i siriani che si trovano nel nord del Libano, stanziati come profughi?

R. – Nel nord del Libano per questi siriani la situazione è durissima perché il Libano non ha firmato la Convenzione di Ginevra che riconosce diritti ai profughi, quindi non hanno neanche lo status di profughi. Non possono fare altri lavori che quelli legati all’agricoltura, oppure come manovali nella costruzione di case. Non possono avere documenti perché i documenti sono a pagamento e loro non possono permetterseli. Quei pochi che lavorano, lavorano alla giornata, per qualche dollaro al giorno. Una grande percentuale di bambini non va a scuola. Le scuole ci sono ma il trasporto è costoso. L’accesso alla sanità è complicatissimo perché c’è una specie di sanità garantita dalle Nazioni Unite ma copre solo alcuni tipi di operazioni. E comunque una parte della spesa va pagata dalla persona. E non c’è futuro.

D. – Lunedì siete stati ricevuti in Commissione europea, come è andato l’incontro con il vicepresidente Timmermans? Ha accolto questa vostra istanza?

R. – Ha accolto con molta simpatia e con molto impegno questa nostra istanza dicendo che suo figlio piccolo di 12 anni chiede sempre: “Tu, papà, che cosa stai facendo per la Siria?”. Lui dice: noi come Unione Europea dobbiamo fare una proposta che sia alternativa a quella della guerra. La nostra proposta nasceva da quello. Noi dicevamo: ma se noi volessimo fare una proposta alternativa alla guerra, che partisse dai profughi e non da chi sta facendo la guerra? Quindi ci ha accolto con molta buona disposizione. Gli abbiamo chiesto alcuni passi concreti per fare lanciare queste proposte e lui ce li ha concessi. La possibilità di far arrivare questa proposta anche allo staff di De Mistura e i delegati speciali dell’Onu per la Siria. Direi veramente in maniera positiva.

D. – Parlando adesso in generale, che tipo di sensibilità ha mostrato l’Europa nei confronti della Siria? Sono stati inviati aiuti?

R. – L’Europa sicuramente ha contribuito a sostenere l’Unhcr, le Nazioni Unite, per fare arrivare aiuti. Il problema è che se vogliamo ascoltare attentamente quello che ci chiedono questi profughi, chiedono una cosa molto grande e allo stesso tempo giusta, ed è questa: ci dicono che come Europa e noi come mondo non possiamo più permetterci delle guerre, non possiamo più pensare che le guerre rimangono confinate dove scoppiano. Penso che questi profughi ci chiedano un cambiamento molto forte, se vogliamo ascoltarli. Noi vorremmo provare a far questo. Vorremmo non tanto pensare a come risolvere il problema dei profughi ma ascoltare veramente cosa chiedono.








All the contents on this site are copyrighted ©.