Si arricchisce di una nuova sentenza la lunga controversia giudiziaria che da 15 anni vede la parrocchia greco-cattolica di Lupeni, in Romania, alle prese con un’azione legale, intentata nel 2001 al fine di rientrare in possesso di alcuni luoghi di culto che il regime comunista aveva assegnato alla Chiesa ortodossa romena. Ieri pomeriggio, la Grande Chambre della Corte Europea per i diritti dell'uomo di Strasburgo, pur non pronunciandosi direttamente sul diritto di proprietà dell’edificio sacro, ha preso posizione sul diritto a un equo processo da parte dei richiedenti (in base all’art. 6 della Convenzione Europea per i diritti dell’uomo), diritto del quale gli stessi richiedenti sostenevano la violazione.
Sentenza complessa e bisognosa di una lettura dettagliata
La sentenza è complessa e bisognosa di una lettura dettagliata. La Corte ha stabilito
all’unanimità che vi è stata violazione dell’art. 6 in ragione del venir meno del
principio della certezza del diritto (la Corte Suprema in Romania ha avuto una giurisprudenza
contraddittoria nel corso degli anni) e in ragione dell’eccessiva durata del procedimento.
Al contrario, i giudici di Strasburgo hanno stabilito “con 12 voti contro 5 che non
vi è stata violazione dell’art. 6 in ragione del diritto di accesso ad un tribunale
e che nel godimento di tale diritto non vi è stata discriminazione della parrocchia
greco-cattolica rispetto a quella ortodossa”. In particolare, la Corte ha ritenuto
che la disposizione della legge del 1990 che chiede di tenere in conto il criterio
della maggioranza dei fedeli per l’aggiudicazione delle proprietà non sia di per sé
causa di discriminazione nel procedimento legale.
La sentenza limita le possibilità per la Chiesa greco-ortodossa di far
valere per via giudiziaria le proprie ragioni
Proprio la disposizione del ’90 era stata valutata in modo contrastante dai tribunali
rumeni nei 10 anni, dal 2001 al 2011, in cui si era sviluppata la causa finché la
locale Corte di cassazione l’aveva fatta prevalere nella sua sentenza definitiva.
Essendo la maggioranza dei fedeli ortodossi – e dunque sentendosi discriminata nelle
sue possibilità di ottenere un giusto giudizio - la parrocchia di Lupeni si era rivolta
alla Corte Europea, che però nel 2015 non aveva in sostanza riconosciuto la fondatezza
del reclamo. Ora che anche il pronunciamento della Grande Chambre ritiene non discriminatorio
il contenuto della disposizione, tutto ciò limita fortemente le possibilità per la
Chiesa greco-cattolica di far valere per via giudiziaria le proprie ragioni di fronte
ai tribunali rumeni. Va comunque registrata “l’opinione minoritaria” sottoscritta
da alcuni giudici di Strasburgo, che ritengono invece il sistema legislativo vigente
“causa di discriminazione per la minoranza greco-cattolica. (A cura di Alessandro
De Carolis)
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