2016-12-04 10:00:00

Filippine: attentati anti-cattolici, vescovi chiedono più sicurezza


Torna la paura tra la comunità cattolica di Mindanao, isola delle Filippine meridionali a maggioranza musulmana. Si temono nuovi attacchi terroristici dopo l’attentato di domenica scorsa contro una chiesa, compiuto probabilmente dal nuovo gruppo fondamentalista "Maute", legato allo Stato islamico. I vescovi hanno chiesto al presidente Duterte di garantire la sicurezza dei fedeli, altrimenti potrebbero essere sospese le Messe. Francesco Gnagni ne ha parlato con padre Giovanni Re, missionario del Pime nelle Filippine:

R. – Quello che è successo davanti a quella chiesa è successo in una zona abbastanza particolare, perché si trova a Mindanao, in una zona di conflitto, e sono ormai parecchi anni che ci sono conflitti in quella zona. Oltre a quell’attentato pochi giorni dopo è stata trovata una bomba fuori dall’ambasciata americana; e poi – oltre a questo – ci sarebbe stato un altro attentato contro un convoglio di militari. Tutte queste cose vengono inquadrate nel conflitto tra il governo e queste forze musulmane, con cui si sta cercando di dialogare oramai da parecchio tempo. Però questi gruppi musulmani sarebbero apparentemente legati all’Is e quindi non sono controllati dai due gruppi musulmani più grandi, con cui il governo sta cercando di dialogare per ottenere la pace.

D. – La lotta al fondamentalismo può essere un terreno comune tra la Chiesa e Duterte?

R. – La Chiesa si è sempre mostrata aperta e in favore del dialogo; e infatti ci sono iniziative di dialogo interreligioso tra cristiani e musulmani. Il problema è che dall’altra parte il dialogo viene interpretato come un qualcosa che non va fatto, perché quello che loro portano avanti è che vogliono uno Stato indipendente islamico.

D. – Lei pensa, quindi, che ci sia anche una matrice religiosa dietro gli attentati?

R. – E’ sempre difficile – secondo me – parlare di un movimento completamente e solo religioso. Sicuramente c’è anche una parte di questo fondamentalismo religioso, ma poi entrano anche tante altre cose. Non è da escludere neanche la storia: qui ormai si parla di decine e decine di anni… Questo conflitto sono più di 50 anni che va avanti tra gruppi di musulmani, cristiani e governo filippino. Mi sembra un po’ semplicistico dire che si tratta solo di una questione religiosa: ci sono tanti altri fattori che entrano…

D. – In sostanza qual è il clima che si respira anche nella comunità cattolica?

R. – Attualmente c’è forse qualche timore in più, anche per il nuovo governo e per il presidente, che durante le interviste a volte – e questo è dovuto anche un po’ al suo carattere – fa delle uscite abbastanza precise e anche un po’ pesanti di minacce, come è capitato ultimamente minacciando coloro che si impegnano per i diritti umani… Però questo nuovo governo ha promesso che cercherà in tutti i modi di portare a conclusione questi accordi, perché secondo anche le parole del nuovo presidente lui non vuole che ci sia guerra, ma vuole che ci sia pace, anche attraverso il dialogo.

D. – Secondo lei, un accordo di pace definitivo e duraturo è possibile?

R. – Diciamo che tutto sarebbe possibile. Io non sono molto ottimista, essendo qui da ormai un po’ di anni: ho visto diversi tentativi di questi dialoghi di pace con i diversi gruppi e quando sembra che finalmente si stia raggiungendo un accordo con un gruppo, improvvisamente emerge un altro gruppo che se ne va per la sua strada e riprende le lotte contro il governo e contro gli altri gruppi che ci sono in giro…








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