2016-12-05 13:53:00

Italia: Referendum. Vince il No. Mattarella: impegni da rispettare


Dopo la vittoria del No al Referendum costituzionale, 59,11% contro 40,89%, Renzi sale al Quirinale per consultazioni col presidente della Repubblica Mattarella. Nel pomeriggio consiglio dei ministri per la conferma le sue dimissioni, poi il premier torna da Mattarella. Alessandro Guarasci:

Mattarella cerca di leggere questa crisi. “L'alta affluenza al voto e' la testimonianza di una democrazia solida – dice il presidente - Ora ci sono impegni e scadenze da rispettare”. Ed ancora: “Il clima politico sia improntato al rispetto reciproco”. Tutte le indiscrezioni dicono che Renzi, questa sera durante il Cdm avrebbe confermato le dimissioni, dandole però dopo l’approvazione della legge di bilancio in settimana

 “Avevamo immaginato un altro risveglio: istituzioni più semplici, Paese più forte in Europa. Non è andata cosi. Adesso al lavoro per servire le Istituzioni', scrive il ministro Boschi. Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Luca Lotti, aggiunge: “Ripartiamo dal 40% di ieri”. Ma Bersani della minoranza interna fa notare che la disaffezione non è solo a destra. La resa dei conti all’interno del pd è comunque rimandata a mercoledi pomeriggio quando ci sarà la direzione del partito. Beppe Grillo chiede che si voti al più presto e con l'Italicum. Per quanto riguarda il Senato aggiunge, “proponiamo di applicare dei correttivi per la governabilità alla legge che c'e' già, il Consultellum”. Una proposta potrebbe arrivare già in settimana. Anche Lega e Forza Italia dicono a un congelamento della crisi. Per il presidente della Cei il cardinale Angelo Bagnasco  "adesso è il momento di una grande responsabilità, a tutti i livelli. E' l'ora di camminare insieme".

L’esito del referendum e le annunciate dimissioni del premier Renzi hanno provocato una prima reazione negativa dei mercati, con l’euro deprezzato alla Borsa di Tokio.  E naturalmente c’è attesa su come reagiranno i Mercati finanziari. Ma quali sono ora le tappe e gli scenari della crisi politica che di fatto si è aperta in Italia?  Servizio di Giampiero Guadagni:

La parola passa ora al Capo dello Stato Mattarella, che dovrà trovare una soluzione alla crisi garantendo comunque stabilità in vista di mesi importanti per l’Italia a livello europeo e internazionale. Per l’immediato  dopo Renzi circolano già alcuni nomi: dal Presidente del Senato Grasso ai ministri dell’Economia Padoan e delle Infrastrutture Delrio.  La scelta potrebbe tenere conto della reazione dei mercati finanziari. Ma il principale nodo da sciogliere sarà quello della nuova legge elettorale. Dallo scorso luglio è in vigore solo per la Camera l’Italicum, con premio di maggioranza  e ballottaggio, mentre per il Senato è previsto un sistema proporzionale corretto. Nel frattempo elezioni politiche il prima possibile è la parola d’ordine del Movimento 5 Stelle, con Di Maio che dice: ci mettiamo subito al lavoro per creare il programma del nostro futuro governo. Elezioni subito sono chieste anche dai leader della Lega Salvini e di Fratelli d’Italia Meloni. Mentre per Forza Italia, altro partito del No, il Pd ha il dovere di garantire il governo al Paese. Ma nel Pd ora è il momento del confronto decisivo tra la maggioranza di Renzi e la minoranza che si è attivamente schierata contro queste riforme. Martedì la direzione del partito.

"La partecipazione degli italiani è il dato più importante" commenta al micorfono di Massimiliano Menichetti il presidente del Movimento Cristiano Lavoratori, Carlo Costalli:

R. – La cosa più importante è stata questa grande prova di partecipazione del popolo italiano, a dimostrazione che quando vengono toccati temi importanti la partecipazione c’è e non si accettano condizionamenti. La seconda è il risultato, chiaro: la riforma del governo Renzi, al di là dei contenuti, ha diviso anziché unire, e non ha mostrato i segni del dialogo, della concordia, che sono indispensabili per una legge così importante. E già da questo punto di vista aveva fallito; ma adesso ci vuole un senso di responsabilità.

D. – Costalli, lei aveva detto: “Dobbiamo dire ‘no’ ad un’economia dell’esclusione e dell’iniquità”…

R. – Sicuramente ha influito anche questo. È apparsa come una legge, una riforma, imposta da poteri occulti e sostenuta in modo evidente da grandi lobby internazionali, anche in modo eccessivo, che sicuramente non hanno favorito anche Renzi; e nello stesso tempo si è trascurato il disagio delle nostre periferie e del nostro Sud. Quindi, sicuramente questa situazione di disagio ha influito anche sul voto.

D. – Adesso c’è chi invoca immediate elezioni, chi una ricerca dell’unità: secondo lei qual è la strada?

R. – No, le elezioni non esageriamo. Io credo che adesso, intanto, debba scendere in campo con più convinzione il mondo cattolico, che ha avuto delle posizioni anche variegate, ma non contrapposte, per indicare una scelta giusta, che, come ho detto, è quella della responsabilità. Credo che una delle cose più importanti sia intanto lavorare a una legge elettorale che non sia modulata sulle cose contingenti, vere o presunte, come è avvenuto sull’Italicum; e che questo rafforzi un rapporto fiduciario con l’elettore, che questa volta ha dimostrato di voler contare, e che sia degno di una rappresentanza reale. Quindi approviamo la legge di stabilità anche al Senato; prepariamo una legge elettorale; il Pd esprima un candidato, e andiamo avanti. È chiaro che adesso ci sono tutta una serie di lacerazioni che vanno attenzionate. E qui dobbiamo – io credo – giocare un ruolo anche come mondo cattolico.

"In questo momento la priorità è la stabilità" sottolinea al microfono di Massimiliano Menichetti il presidente delle Acli, Roberto Rossini:

R. – L’aspetto positivo che davvero rende felice la democrazia è il fatto che comunque tanta gente si sia recata a votare. In questo momento la priorità è la stabilità, ovviamente del quadro politico, perché questa determinerebbe anche la stabilità del quadro economico e lavorativo. Solo che è molto difficile dire se è più facile raggiungere la stabilità con un accordo un po’ pasticciato, piuttosto che con elezioni rapide e immediate. Speriamo che il Capo dello Stato faccia una scelta oculata, che ci permetta di uscire da questo periodo di incertezza, con la possibilità che magari anche nel breve, medio periodo ci possa essere più stabilità.

D. – Lei stesso ha ribadito più volte: “L’idea del bicameralismo perfetto è ormai antiquata”…

R. – Noi abbiamo detto più volte che una riforma era meglio di una non riforma. Il fatto rimane: dovremo proporre una forma di bicameralismo imperfetto, e adesso non so che cosa ci si potrà inventare. Ci sono ancora tante altre riforme che aspettano nel cassetto di essere fatte in questo Paese per farlo funzionare, a partire dalla riforma del tema del lavoro. Nel pubblico impiego qualcosa è stato fatto, però certamente va fatto molto di più. Il tema della scuola va approfondito, così come quello dell’università e della ricerca. Penso che dobbiamo andare in questa direzione.

D. – La legge elettorale: è una necessità ritoccarla?

R. – Su questo devono trovare un accordo tutti insieme: un accordo saggio, che consenta di avere un governo chiaro, serve una legge elettorale che sia condivisa da tutti. Credo che questa sia la priorità. Penso che ora, come è accaduto in tanti altri momenti della storia italiana, si farà un governo di transizione, che ci consentirà di approvare la legge elettorale, e la legge di bilancio; e poi probabilmente si andrà a elezioni. Però, certo, la legge elettorale è una priorità in questo momento.

Il voto referendario mostra che gli italiani non accettano forzature su temi importanti. Lo ha detto il direttore del quotidiano Avvenire, Marco Tarquinio il quale al microfono di Fabio Colagrande traccia l'immagine del Paese: 

R. - È l’immagine di un Paese che va alle urne per una questione importante, quella della Costituzione; è un’Italia purtroppo a due velocità tra Nord e Centro Nord e Sud che fornisce un quadro relativo alla partecipazione diverso e questo è un altro indice preoccupante; un’Italia che manda un segnale politico e istituzionale molto chiaro anche al parlamento. Adesso tutti si concentreranno su cosa accadrà al governo, ma la questione era un’altra: forse su questa bisognerebbe ragionare.

D. - Un voto che ha bocciato Renzi o ha bocciato la sua riforma costituzionale?

R. - Diciamo che ci sono due segnali: Renzi raccoglie il frutto dei suoi errori: l’aver personalizzato - come è stato detto e come lui stesso ha ammesso - la campagna referendaria soprattutto al suo principio, ma prima ancora, aver condotto in porto una riforma della Costituzione di così ampia portata senza quella sponda di almeno una parte dell’opposizione che era stata intelligentemente pensata e realizzata anche sotto la regia del Quirinale. Sono questi i due errori di Renzi che alla fine sono stati sanzionati. Ma c’è di più e c’è dell’altro. Nel 2006 prima e nel 2016 ora - dieci anni dopo - ci troviamo di fronte ad un segnale del corpo elettorale limpido, forte, ostile ad un cambiamento del sistema costituzionale che faccia perno sul superamento brusco del bicameralismo paritario. Bisogna decidersi a fare i conti con questa indicazione, non può essere considerata un’indicazione casuale pur che sia. A distanza di dieci anni, la riforma Berlusconi e la riforma Renzi vengono archiviate entrambe dal corpo elettorale. Bisognerà, nel tempo della ricostruzione che ci troviamo davanti, trovare la strada giusta per ammodernare la seconda parte della nostra Costituzione senza forzare gli orientamenti di un elettorato che si è dimostrato molto reattivo e consapevole.

D. - Quale sfida in questo momento per il Paese dopo le dimissioni di Renzi?

R. - Non finire ostaggio delle ambizioni reciproche di coloro che hanno lavorato anche per il fronte del “No”: è evidente che è molto semplice trovarsi d’accordo quando c’è da essere contro, ma come dicevo, in questo tempo di ricostruzione è necessario che si sappiano declinare delle proposte concrete. Vedo che è già cominciata una gara invece a chi va prima alle urne, con la legge elettorale che tutti hanno vituperato, ma c’è qualcosa che non torna. Credo che bisogna sapere andare oltre gli egoismi. È evidente che a questo punto serve un concerto che fino ad oggi non c’è stato.

D. - I cattolici si sono trovati su entrambi gli schieramenti. Ora, dopo il referendum quale può essere il loro contributo alle nuove sfide che stavi descrivendo?

R. - Attraverso le pagine dei giornali e il dibattito pubblico, ho potuto verificare che i cattolici hanno partecipato con toni, dal mio punto di vista giusti a questo grande dibattito nazionale stando molto sul merito delle questioni costruzioni che erano poste. Mi auguro che questo atteggiamento sia contagioso e che sappiano innervare le diverse posizioni politiche - nelle quali si riconoscono - di questa sensibilità e di questo senso delle priorità vere.








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