Resta alta la tensione politica ad Haiti, dove l’annuncio dei risultati provvisori del primo turno delle elezioni presidenziali, tenute il 20 novembre scorso dopo due rinvii, è stato seguito da proteste e scontri, nonché da prevedibili denunce di brogli dei candidati sconfitti.
Proteste e scontri dopo l’annuncio dei primi risultati
I primi risultati danno in testa, con più del 50 per cento dei voti necessari per
evitare il secondo turno a gennaio, il candidato sostenuto dal presidente uscente
Michel Martelly, Jovenel Moïse, leader del partito Tèt kale (Testa Rasata), seguito
a distanza da Jude Célestin della Lega alternativa per il progresso e l’emancipazione
(Lapeh). La vittoria è stata tuttavia contestata dai partiti rivali, scatenando proteste
anche violente a Port-au-Prince e nel resto del il Paese, già duramente provato dal
recente uragano Matthew e ancora alle prese con la difficile ricostruzione
dopo il devastante terremoto del 2010.
I vescovi: mettere il bene della nazione sopra degli interessi particolari
Violenze fermamente condannate dalla Conferenza episcopale (Ceh), che in una nota
ripresa dall'agenzia locale AlterPresse esorta tutti gli attori politici
"a mettere il bene e l’interesse della nazione prima degli interessi particolari",
invitandoli a presentare eventuali contestazioni alle istituzioni preposte. I presuli
si rivolgono anche al Consiglio elettorale provvisorio (Cep), affinché prosegua il
suo lavoro nella massima trasparenza, seguendo le procedure previste dalla legge.
Quindi l’appello a tutte le parti a “lavorare insieme, nonostante le differenze, per
la pace e la sicurezza nel Paese”, perché possa intraprendere la strada dello sviluppo.
(A cura di Lisa Zengarini)
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