2016-12-09 12:46:00

Giornata contro la corruzione: serve impegno per la trasparenza


Si celebra oggi in tutto il mondo la Giornata internazionale contro la corruzione, istituita nel 2003 dall’Onu per sensibilizzare l’opinione pubblica a livello globale sulle conseguenze del problema. Anche Papa Francesco aveva lanciato un appello contro la corruzione, durante l'udienza generale di mercoledì scorso. Francesco Gnagni ne ha parlato con Alberto Vannucci, docente all’Università di Pisa ed esperto di corruzione politico-amministrativa:

R. - Abbiamo diversi indicatori che purtroppo danno segnali abbastanza sconfortanti, nelle classifiche di percezione del fenomeno degli esperti siamo al penultimo posto in Europa; altri indicatori – è uscito proprio oggi, Giornata mondiale delle corruzione – una rilevazione di Eurobarometro che mostra come il 98 per cento degli imprenditori italiani ritiene che la corruzione sia una pratica diffusa nei contatti con la Pubblica amministrazione; è la più alta percentuale in Europa. Sul versante dell’anticorruzione i segnali sono contrastanti, nel senso che è stato messo sicuramente in campo per la prima volta uno sforzo istituzionale cospicuo, consistente; basti pensare all’istituzione dell’Autorità nazionale anticorruzione. Questo grande sforzo, in qualche modo, stenta ancora a tradursi in risultati concreti, misurabili. La stessa Autorità anticorruzione nel fare una valutazione di queste politiche anticorruzione, sottolinea come molto spesso l’approccio prevalente sia di tipo formalistico; si parla di una cultura dell’adempimento, cioè questi piani si approvano perché lo si deve fare, ma di fatto nessuno va a verificare che in qualche modo la trasparenza degli strumenti e l’integrità dell’azione amministrativa sia effettivamente garantita. Questa delusione affiora anche da quel sondaggio che descrivevo prima: il 71 per cento dei cittadini italiani ritiene lo sforzo del governo nell’impegno all’anticorruzione totalmente insoddisfacente. Anche qui è una percentuale altissima, una tra le più alte a livello europeo.

D. - Questo in qualche modo potrebbe essere un bilancio di quello che è stato fino ad oggi l’operato dell’Anac, l’autorità anticorruzione?

R. - No, a mio giudizio, la percezione diffusa riflette soprattutto forse la parziale delusione per la difficoltà di tradurre questo impegno in risultati verificabili e misurabili. È presto, in realtà, per misurare i risultati di un lavoro come quello dell’Autorità nazionale anticorruzione che è un lavoro difficilissimo, di prevenzione, che deve andare ad incidere su una cifra culturale; un orientamento diffuso che si traduce poi in un insieme di valori che dovrebbero in qualche modo caratterizzare l’impegno all’interno dell’attività politica della vita amministrativa i cui effetti si possono produrre soltanto nel medio-lungo periodo.

D. - Papa Francesco non perde occasione per denunciare la corruzione, paragonandola prima ad una droga che uccide, che crea povertà, poi a una forma di bestemmia e, più recentemente, ha detto che per combattere la corruzione bisogna incominciare dalle coscienze personali. È cosi? C’è anche un lavoro culturale a fare?

R. - Assolutamente sì. Credo che le parole di Papa Francesco siano tra quelle più alte nobili e analiticamente condivisibili dal punto di vista scientifico. Lui ha descritto il fenomeno della corruzione come una sorta di realtà che dà assuefazione; ha parlato delle tangenti come di una droga, ha descritto i processi di autolegittimazione di chi si lascia coinvolgere in questa realtà, come di uno dei fattori che in qualche modo creano una barriera che la rendono impermeabile anche a quello che dovrebbe essere il più potente antidoto: la sensazione che i corrotti in fondo stanno tradendo il mandato di fiducia che hanno ricevuto dalla loro comunità; e che quindi ciò che portano a casa, il frutto delle tangenti, è un pane sporco, come lo ha definito Papa Bergoglio con un’immagine – secondo me – straordinaria. Quindi credo che il lavoro da fare investa soprattutto il profilo dei valori che dovrebbero animare l’azione di chi opera ad ogni livello e soprattutto nel mondo della politica, dell’amministrazione, ma anche della società, del mondo dell’economia. Quindi, far capire che questa realtà della corruzione si associa inevitabilmente a un venir meno di quella dignità che si associa al lavoro onesto – come l’ha descritta Papa Bergoglio – che viene fatto nell’intesse non solo proprio ma anche della comunità nella quale si vive.








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