2016-12-11 13:00:00

Treviso: convento di francescani apre ad anziani e disabili


I frati minori conventuali di San Francesco aprono le porte del convento di San Pietro di Barbozza, in provincia di Treviso, per l'accoglienza di laici, di anziani e di disabili, grazie alla firma di un accordo siglato con la cooperativa sociale Castel Monte. L'intento è quello di offrire la possibilità di soggiorno assieme ai frati, per condividerne le giornate e le mansioni lavorative e, anche, per recuperare e mantenere in vita un patrimonio immobiliare a disposizione della comunità. Francesco Gnagni ne ha parlato con padre Oliviero Svanera, nuovo Rettore della Pontificia Basilica di Sant'Antonio di Padova, guardiano della fraternità francescana e firmatario dell'accordo:

R. – Nell’ambito di un ridisegno che un po’ tutte le congregazioni e gli ordini religiosi stanno facendo, per qualificare o ri-qualificare o, a volte, purtroppo, anche per chiudere esperienze di comunità, noi ci siamo domandati come valorizzare questo luogo che ha ampi spazi, anche conventuali, come accade spesso nei conventi. E dato che adesso, appunto, le forze sono ridotte, i frati sono pochi e gli ambienti sono ampi, ci siamo interrogati su come rinnovare la nostra presenza. Come accade per le vie della Provvidenza, siamo venuti a contatto con questa cooperativa che opera nell’ambito del sociale e quindi serve sia persone con disabilità, sia persone anziane, sia persone segnate da autismo. L'auspicio sarebbe che arrivassero dei laici per poter condividere l’esperienza di spiritualità e di convivenza con i Frati francescani .

D. – In pratica si tratta di aprire questo convento a cooperative che operano nell’ambito del sociale, quindi con i disabili …

R. – La novità è proprio questa possibilità di condividere un’esperienza religiosa nello stesso luogo, negli stessi spazi e anche con gli stessi ritmi, se si vorrà, condividendo anche gli spazi di preghiera, i tempi della refezione, del pranzo e quelli della spiritualità. Si partirà con un progetto di 12 stanze, 12 celle date a questi laici, uomini e donne, che andranno a vivere così negli ambienti che erano riservati ai frati. Si vorrebbe creare, proprio attraverso la vita condivisa con i frati, una dimensione di relazione coinvolgendo anche persone con disabilità, nel vero senso della parola, perché la cooperativa opera in questo campo e quindi già ha una serie di progetti, di laboratori legati proprio anche all’accompagnamento, all’educazione. Quindi, potrà esserci anche una condivisione o di tempi – in questo caso non di vita, ma di tempi – e di esperienze che si allargano.

D. – Sono state come sempre limpide le parole del Papa durante il Giubileo dei disabili: aveva detto che i malati non vanno ghettizzati ma amati, aggiungendo che la tentazione di rinchiudersi in se stessi si fa molto forte e si rischia di perdere l’occasione della vita: amare nonostante tutto. Sono anche queste parole che vi hanno ispirato?

R. – Sì, noi siamo molto legati a questa esperienza perché credo che sia nell’orizzonte francescano che noi conosciamo, perché  altrimenti non si capirebbero queste iniziative se non pensando al nostro caro San Francesco che, fin dall’inizio, ebbe attenzione verso i piccoli, verso le persone emarginate che allora erano i lebbrosi. Oggi possiamo allargare queste forme ad altre persone, che dal Papa vengono chiamati “gli scarti”, alle persone disabili, ma penso anche agli anziani, che spesso sono segnati da situazioni di mancata autosufficienza, o di poca attenzione o di poca premura da parte della società stessa nel suo insieme.








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