2016-12-12 14:33:00

Tomasi: nonviolenza non è rassegnazione o indifferenza ma impegno costruttivo


A presentare stamane in Sala Stampa vaticana il messaggio del Papa per la Giornata mondiale della Pace, sono stati il cardinale Peter Turkson, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, che ha sottolineato l’importanza di radicare tra i popoli una cultura della non violenza, e l’arcivescovo Silvano Maria Tomasi, del  medesimo Dicastero, che al microfono di Fabio Colagrande ha spiegato le motivazioni sottese alla scelta del tema:

R. - Direi che la non violenza sta diventando la strada maestra su cui costruire il futuro. Non violenza non vuol dire rassegnazione o indifferenza, ma impegno costruttivo dei discepoli di Gesù di fare in modo che Stati, relazioni in famiglia e relazioni tra persone siano basate sulla comprensione, sul dialogo, e che le differenze vengano risolte in maniera serena e ragionevole, in modo che il mondo in cui viviamo non veda più tutta la violenza di cui, purtroppo, ancora siamo in parte testimoni.

D. - Papa Francesco ricorda che è stato Gesù a tracciare la via della non violenza …

R. – Gesù viveva in un Paese di occupazione straniera in cui la violenza era all’ordine del giorno eppure Gesù dice a Pietro: “Rimetti la spada nel fodero”; dice inoltre che quando uno ci colpisce sulla guancia, di porgere anche l’altra. Soprattutto la rivoluzione che lui comincia sta nel dire che dobbiamo amare anche i nemici, cioè l’altro che ci fa del male, che in qualche modo rimane figlio di Dio ed esige che ci rapportiamo con lui riconoscendo che, aldilà dell’azione cattiva, oggettivamente riprovevole, c’è la possibilità di recuperare un rapporto che si basa su qualcosa di molto profondo: il fatto che siamo tutti membri della famiglia di Dio. Certo, i discepoli di Gesù devono continuare a camminare sulla pista che ci ha dato, utilizzare la non violenza in maniera costruttiva per formare una società dove il benessere e lo sviluppo diventano un contesto che facilita la vita di tutti, senza bisogno di ricorrere a soluzioni conflittuali violente.

D. - Il Papa ricorda che la Chiesa si è impegnata per l’attuazione di strategie non violente e di promozione delle pace in molti Paesi …

R. - Certo, quando la Chiesa può - attraverso i suoi canali diplomatici - fa di tutto per facilitare un rapporto costruttivo e pacifico senza spargimento di sangue, senza violenza, senza distruzione di beni che rendono la vita della gente più miserevole. Poi, attraverso le istituzioni internazionali dove la Santa Sede è presente, come le Nazioni Unite, si continua ad argomentare e intervenire in favore della pace e del rapporto tra Stati, che sia basato sul dialogo e non sulla violenza.

D. - Quanto è importante che in questo messaggio il Papa rivolga nuovamente un appello in favore del disarmo nonché della proibizione e dell’abolizione delle armi nucleari?

R. - Non si può, in nessuna maniera, usare armi atomiche senza fare ingiustizia a persone civili, a persone innocenti che verrebbero distrutte assieme ad obiettivi militari. Per cui diventa eticamente inaccettabile non solo l’uso di queste armi ma anche il possesso, perché possedere queste armi vuol dire che c’è una volontà di utilizzarle; inoltre, usare queste armi come minaccia di distruzione reciproca non è veramente umano né tantomeno cristiano.

D. - Il messaggio contiene un invito di Papa Francesco ai leader politici e religiosi, ma anche ai dirigenti di imprese e dei media di tutto il mondo, ad assumere lo stile degli operatori di pace …

R. - La strategia della non violenza e del perdono, della riconciliazione, diventano degli strumenti che anche politicamente hanno un valore efficace se sono veramente messi in pratica in maniera coerente, perché la non violenza è un impegno a trasformare la società e le condizioni sociali in maniera tale che facilitino la convivenza serena e pacifica tra le persone.








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