2016-12-14 15:23:00

Ordine di Malta: si faccia rete per salvare le donne migranti


Un momento per confrontarsi su una delle sfide più attuali con cui il mondo fa i conti: le migrazioni, il destino dei migranti, delle donne prima di tutto. E' stato quello offerto ieri da un seminario organizzato dall'Ambasciata dell'Ordine di Malta presso la Santa Sede in collaborazione con l'Osservatore Romano, dove forte è stata la denuncia delle violenze che le migranti sono costrette a subire nel loro percorso alla ricerca di una vita migliore. Francesca Sabatinelli:

Partono conoscendo il rischio, come Ada che, prima di attraversare il confine tra El Salvador e Messico, per l’equivalente di tre dollari, e senza ricetta medica, compera la cosiddetta “iniezione anti-Messico”, il Depo-Provera, anticoncezionale composto da un solo ormone che per novanta giorni copre dalle gravidanze, inevitabili per chi, come le donne migranti sanno, subirà stupri durante il viaggio, in questo caso verso gli Stati Uniti, dai delinquenti, dagli agenti di polizia, ma anche dagli stessi compagni di tragitto. E’ una delle storie di “Donne in Fuga”, ultimo numero del 2016 del Mensile dell’Osservatore Romano “Donne Chiesa Mondo”, dedicato “alla solitudine del percorso” delle migranti “vittime impotenti di violenze continue” che in nome di una vita futura vivono “un vero e proprio calvario”. Lucetta Scaraffia, consulente editoriale del giornale:

"È molto importante che questo dramma delle donne, che è triplo rispetto a quello degli uomini perché riguarda la violenza, la fatica di affrontare quel percorso incinte, con dei bambini, allattando i neonati, venga reso noto, venga conosciuto da tutti e si faccia qualcosa. Questa è la cosa fondamentale, perché queste donne stanno diventando veramente un esempio di dolore, di sofferenza di vittime di cui tutti noi dovremmo vergognarci. Bisogna anche ricordare che queste donne non solo vengono violentate in Libia, ma anche qui da noi vengono vendute nella tratta, sulle nostre strade - anche minorenni - e nessuno dice nulla".

Si faccia rete a favore delle donne è stato l’appello dei presenti al seminario, dove ad essere raccontata, oltre alla violenza, è stata anche la solidarietà. Come quella che anima quotidianamente la vita di suor Angela Bipendu, medico volontario del Cisom, il Corpo Italiano di Soccorso dell’Ordine di Malta. Originaria della Repubblica democratica del Congo, Suor Angela è divenuta cardiochirurgo alla facoltà di medicina di Palermo e ora assiste i migranti che attraversano il Mediterraneo per arrivare a Lampedusa:

R. - Io mi occupo del primissimo soccorso per questi nostri fratelli che vengono dall’Africa. L’emozione è grandissima, perché quando loro salgono sulle nostre unità sono già al sicuro, in loro persone vedi già la tranquillità. Malgrado questo, hanno sempre la paura di dove andranno a finire, di cosa andranno a fare. Però in noi c’è quell’emozione di aver portato in salvo 140 persone che si trovavano su di un gommone, seguito da un altro, e poi un altro e un altro ancora,  … Quindi su l’unità operativa mi ritrovo con ottocento, con mille persone da gestire, e siamo solo n medico ed un’infermiera e non bastiamo. Però, dinanzi a Dio dico: Ti ringrazio perché le ho portato in salvo; ma non le ho portate in salvo io ma Lui, che fa di tutto per salvare queste persone.

D. - Lei non porta il velo quando è in azione. Non indossa l’abbigliamento da suora. Quando sanno, capiscono o lei dice loro di essere una suora cattolica, c’è qualche reazione?

R. - Hanno il sospetto, tolgo il velo però metto sempre la cuffia. A volte la Croce mi tradisce perché nel prestare soccorso esce fuori, loro la vedono ed iniziamo a pregare. Poi la domenica successiva, se sono a Lampedusa ci incontriamo in chiesa e facciamo festa, anche con i musulmani che vengono non entrano però si mettono furi la chiesa, e guardano.

D. - L’emozione più grande?

R. - Quando vedo questi bambini piccoli piccoli. Ultimamente un bambino di un giorno , appena nato in Libia, e portato su un gommone. L’emozione più grande è vedere queste persone in salvo. È una grandissima emozione.

A denunciare la tratta delle donne e i “consumatori” che usano il corpo delle ragazze è stata ancora una  volta Suor Eugenia Bonetti Missionaria della Consolata, Responsabile dell'Ufficio Tratta Donne e Minori dell'USMI e presidente dell’Associazione “Slaves No More:

"I numeri aumentano sempre di più. Sono più di venti anni che lavoro in questa situazione, vedo che non si è risolta. Ci sono stati dei cambiamenti, però il problema rimane se noi non tocchiamo le cause. Tra le cause principali cui dovremmo dare più attenzione: la lotta alla povertà, alla corruzione e all’ignoranza. Se noi non facciamo veramente queste tre lotte per poter ridare a queste persone la loro dignità, la possibilità di poter riprendere in mano la loro vita e riprendere in mano il loro futuro non si risolverà niente. È fondamentale, soprattutto, la lotta alla povertà e offrire opportunità! Hanno dei Paesi ricchissimi, la Nigeria è ricchissimo! Ma in mano a chi? A chi la sfrutta, a chi la usa, a chi non dà opportunità a queste migliaia e migliaia, milioni di persone che hanno voglia di un futuro, hanno voglia di diventare veramente protagonisti della loro vita, ma questa opportunità a loro non viene offerta perché non hanno la possibilità di andare a scuola".

Suor Bonetti torna poi a parlare di quella che per lei è “la grossa spina”, il Cie, centro di identificazione ed espulsione di Ponte Galeria, vicino a Roma, dove continuano ad arrivare centinaia di ragazze nigeriane che nel loro viaggio hanno subito abusi di ogni genere e che poi o vengono espulse o finiscono in strada:

"Vediamo che sono passati mesi, anni e la situazione non migliora, ma è sempre più deteriorata, soprattutto perché adesso arrivano ragazze, da Lampedusa o da questi sbarchi, che hanno già vissuto violenze su  violenze. Poi, sono ancora sotto le grinfie delle ‘madame’, dei trafficanti, che attendono soltanto il momento di poterle riacciuffare da Ponte Galeria per buttarle sulle strade per avere i guadagni. Ponte Galeria è veramente un grosso problema, c’è da domandarsi: serve? A cosa serve? A chi serve? Quanta spesa c’è nel gestire Ponte Galeria? Non sarebbe meglio usare questi soldi per vere gestioni, diverse, che offrano davvero a queste persone l’opportunità di una vita diversa, di una vita migliore?".

Amare le parole del cardinale Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti:

"A pagare di più questo fenomeno già pesante per l’umanità sono proprio le donne, perché con le donne arriva il problema della tratta, della vulnerabilità. Come spesso accade, tra uomini e donne, le donne sono sempre coloro che soffrono di più. È una realtà. L’Europa non si manifesta come la culla dei diritti umani della solidarietà, cioè quei valori sui quali si basava - è brutto dirlo al passato, vorrei ancora dire si basa – e dovrebbe fare molto di più. È triste, perché l’Europa è ricca. Noi tutti siamo ricchi rispetto a questo mondo, tutti. Però siamo egoisti".

Un incontro quello di ieri che intende essere solo il primo di una lunga serie che coinvolgerà  tutti coloro che a vario titolo sono impegnati nella difesa della dignità umana e, in particolare, delle donne, per rispondere  così, si sottolinea dallo stesso Ordine di Malta, “alle preoccupazione e alla priorità” espresse da Papa Francesco.








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