2016-12-18 09:30:00

Celebrato il 50 dei Focolari tra il popolo Bangwa del Camerun


A Fontem, in Camerun, solenni celebrazioni hanno chiuso in questi giorni, l’Anno giubilare indetto dal vescovo di Mamfe, mons. Andrew Nkea per festeggiare i 50 anni della presenza del Movimento dei Focolari tra il popolo Bangwa. "Attraverso i Focolari Dio ha visitato il popolo Bangwa (...) ora è il momento di celebrare l’amore di Dio per tutto il popolo", ha scritto in una lettera mons. Nkea, sottolineando che i focolarini hanno vissuto il patto dell’amore scambievole e insegnato la fraternità universale, hanno ridotto quasi a zero la mortalità infantile e lavorato perchè migliaia di persone avessero una buona formazione scolastica. Risale al 1966 l’arrivo dei primi focolarini a Fontem. Rispondere all’emergenza in cui si trovava allora il popolo Bangwa diventò una priorità per tutto il Movimento fondato da Chiara Lubich che per tre volte visitò la regione.

Alle iniziative per questo 50º hanno partecipato attivamente i Fon, cioè i re delle tribù locali e i responsabili delle istituzioni. Nel settembre scorso si è svolto, tra l’altro, un pellegrinaggio a Roma con la partecipazione all’udienza generale di papa Francesco. Adriana Masotti ha raggiunto telefonicamente Martin Nkafu, filosofo e teologo,originario di Fontem, direttore del Dipartimento delle Scienze Umane e Sociali alla Pontificia Università Lateranense di Roma, presente alle celebrazioni:

R. – 50 anni fa i “Fon”, i re del popolo, incontrando mons. Julius Joseph Willem Peeters, vescovo di Buéa, che conosceva il luogo, espressero al vescovo il desiderio di avere delle persone competenti in materia di salute perché tra loro tanti bambini morivano: c’era quasi il 90 per cento di mortalità infantile. Allora il vescovo quando nel ’62 incontrò a Roma Chiara Lubich, che aveva sentito avere un movimento espansivo e generoso, le chiese se era pronta a venire alla missione di Fontem per salvare quelle vite. Non era per fare evangelizzazione in un altro modo, ma per portare la salute a questo popolo. E così Chiara Lubich nel 1966 mandò i primi focolarini e quindi i primi medici, infermieri, tecnici, elettricisti, muratori, vennero a Fontem. A un certo punto la gente cominciava a meravigliarsi e a chiedersi: “Come mai voi fate questo lavoro per noi? Perché vi occupate di noi?”. Ecco, allora cominciarono a raccontare…La testimonianza derivata dal Vangelo diventò il loro modo di fare evangelizzazione. Potremmo dire che il popolo, accogliendo e aderendo fin dall’inizio ai suoi invitati, si è contagiato in modo totalmente naturale al loro modo di vivere prodotto dal Vangelo. Ecco perché è tutto il popolo che celebra il 50.esimo di convivenza con il Movimento dei Focolari.

D. - Quali frutti, appunto, si raccolgono in questo Giubileo?

R. – I frutti sono molteplici. Innanzitutto il popolo a un certo momento disse a Chiara: “Tu ci hai portato un ospedale e noi stiamo bene adesso, nessun bambino muore, tanti bambini sono cresciuti”, quindi chiesero a Chiara di andare avanti e di fare anche una scuola per loro. E così nacque la scuola secondaria di Fontem. In seguito, il popolo chiamò il vescovo dicendo: “Adesso che tu ci hai mandato queste persone così brave, ti devi prendere cura delle nostre anime: abbiamo bisogno di parrocchie anche noi”. Così nacque il progetto della parrocchia. Il quarto frutto è stato il progetto dello Stato: lo Stato è interessato a sviluppare tutti i settori di cui uno Stato deve occuparsi: prima cosa un comune, poi la prefettura, poi tutti i dipartimenti dei ministeri del Paese… E’ nata così anche una provincia e, in un secondo momento, una regione di Fontem.

D. – Era un piccolo villaggio, Fontem, quanti sono adesso gli abitanti?

R. – Fontem conta circa 80 mila abitanti, è il capoluogo di tutta la regione, che si chiama Lebialem division. Oggi qui contiamo 28 licei, centri sanitari pubblici e statali, 5 parrocchie, tra cui la prima parrocchia di cui abbiamo parlato. Ci sono 17 regni che comprendono questo territorio, quindi 17 Fon, cioè i re dei Bangwa.

D.  – Ma la presenza dei focolarini non ha portato ad una occidentalizzazione della regione?

R. – Assolutamente no. La nostra grande paura era una specie di colonizzazione, anche evangelica se vogliamo, e invece il fatto che non avrebbero dovuto predicare il Vangelo ma viverlo, ha messo le cose in modo tale che eravamo tutti insieme a vivere ogni passo che veniva fatto. Perciò qui l’Occidente non c’entra niente. E poi, non solo gli occidentali sono venuti qui: vengono dall’Asia, dall’America, dall’Australia, dagli altri Paesi dell’Africa e tutti sono qui a costruire la cittadella di Fontem. La cittadella è di tutti, siamo tutti cittadini sullo stesso piano, siamo il nuovo popolo nato dal Vangelo.

D. – Che cosa rappresenta allora Fontem oggi per l’Africa e anche per il mondo, potremmo dire?

R. – Chiara Lubich disse che Fontem per lei, e così anche per noi, è quel luogo dove tutti sarebbero potuti andare per vedere come il mondo sarebbe se tutti vivessero il Vangelo. Non tutti sono battezzati, ma nessuna persona che vive e che è cresciuta qui può dire oggi che non conosce il Vangelo, perché sanno ciò che il Vangelo ha prodotto. E chiunque conosce il Vangelo può solo produrre bene: produrre unità, produrre pace, produrre giustizia, produrre uomini nuovi. E mi sembra che questa sia una cosa eccezionale.








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