2016-12-20 15:55:00

Disegnare il sacro. Il rapporto tra Chiesa e arte oggi


La costruzione di una chiesa funziona se è frutto di una progettazione partecipata di liturgisti, committenti, creativi. Così il simbolo, la bellezza, la luce, la comodità possono realmente favorire l’incontro con l’Altro da sé.

"Dalla seconda metà degli anni Cinquanta l’Italia è stato uno straordinario laboratorio. Oggi, non essendoci più le condizioni stringenti di una ricostruzione postbellica, bisogna agganciare al dibattito sulla rappresentazione contemporanea il tema fondamentale della costruzione della casa di Dio". Così Marco Sammicheli, docente al Politecnico di Milano e autore del volume "Disegnare il sacro. Alla ricerca di un rinnovato rapporto tra Chiesa e arte" (Rubbettino, 2016), racconta diverse esperienze virtuose di infrastrutture di dialogo, servizio, accoglienza e preghiera.

"Ci vuole un investimento culturale che consista in sapienza e competenza", precisa. "L’errore in cui maggiormente si incorre è il gesto personale, l’esercizio di stile, la volontà di lasciare per forza un segno che sia il proprio e non il frutto della collettività. La parrocchia è un organismo sociale dove una comunità vive una serie di attività, ci si dimentica spesso di questo. La chiesa deve essere un luogo dove deve entrare il più possibile quello che c'è fuori: che sia un paesaggio naturale o una serie di edifici di edilizia popolare". E aggiunge: "La sfida è di non costruire chiese solo per chi già le frequenta abitualmente".

Come commenta la costruzione di edifici 'ibridi' che vogliono accogliere tutte le confessioni e le religioni? "E’ difficile che possano essere luoghi di incontro. Vedo, per esempio, l’esperimento fallito delle cappelle multiuso negli aeroporti che, o per minimalismo o per approssimazione, raccontano una spiritualità meticcia e sincretica dove non occorre che ci sia. Le fedi devono incontrarsi ma non in edifici frankestein". 








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