2016-12-22 13:41:00

Nigeria: liberato padre Jude Onyebadi, rapito il 16 dicembre


“Padre Jude Onyebadi è stato liberato ed è in buono stato di salute”, lo ha detto alla Radio Vaticana il card. Onaiyekan, arcivescovo di Abuja, la capitale della Nigeria. Il sacerdote era stato sequestrato il 16 dicembre da tre uomini armati, nella regione centro meridionale di Issele-Uku. Dal nord-est del Paese giunge invece la notizia della liberazione di 2.000 prigionieri ostaggio di Boko Haram. Ma ascoltiamo le parole del card. John Onaiyekan intervistato da Eugenio Murrali:

R. – La diocesi ha fatto sapere che l’hanno liberato. Il nostro ufficio della Conferenza episcopale, che ci ha dato la prima notizia, successivamente – ieri pomeriggio – ci ha dato una seconda notizia, che il padre era stato liberato, e che era sano e salvo.

D. – Il suo stato di salute è buono?

R. – Sì, sì: così dicono. Padre Onyebadi è libero, speriamo potrà celebrare il Natale in pace.

D. – Però, all’inizio loro – i rapitori – avevano chiesto un riscatto?

R. – Sì: una somma assurda. Generalmente, quando rapiscono la gente non è che vogliono maltrattare le loro vittime: vogliono solo usarle per ottenere denaro. In questo caso però non hanno potuto ricevere niente, perché abbiamo detto loro che non avremmo pagato e che sarebbe stato inutile insistere. E così, l’hanno liberato. Siccome lui è stato rapito nella sua zona, proprio nella diocesi di Issele-Uku, non mi sembra che si tratti di questioni di religione: sono tutti cristiani, lì. Ma così fanno sempre: chiedono il riscatto alla povera gente e la gente corre qua e là per mettere insieme qualcosa, che offrono. Quando ritengono sufficiente quanto “offerto”, liberano la vittima.

D. – Quindi avete tirato sospiro di sollievo, questo, infatti, non è il primo rapimento …

R. – Il rapimento, purtroppo, è diventato un mestiere dei malviventi, qua, in Nigeria: invece di compiere rapine a mano armata, rapiscono la gente e poi chiedono il riscatto. Ogni tanto riceviamo la richiesta di pagamento di riscatto per qualche sacerdote rapito; pure alcune suore sono state rapite, qualche tempo fa, ma sono state liberate dopo due-tre giorni.

D. – Qual è la linea che voi prendete di fronte a questi rapimenti?

R. – A parte la ferma condanna che abbiamo sempre espresso contro questo modo di agire e contro i rapitori, abbiamo chiesto al governo di migliorare il sistema di sicurezza per il comune cittadino che non può andare in giro con la scorta armata. Abbiamo anche deciso, come nostra politica, di non pagare riscatti perché se paghiamo questa gente continuerà a rapire sacerdoti: siamo ovunque, anche nei villaggi più sperduti; saremmo sempre in pericolo di essere rapiti.

D. – Nel nord est, l’esercito nigeriano ha liberato molti prigionieri, ostaggi di Boko Haram: c’è ancora questa piaga, in Nigeria …

R. – Dobbiamo ancora sapere esattamente di che cosa si tratta. Il fatto è che la zona occupata da Boko Haram non era una zona completamente senza popolazione: ci sono villaggi, lì, che sono abitati da tanto, anche da prima che arrivasse Boko Haram. Allora non è facile sapere se sono ostaggi di Boko Haram o se è povera gente che vive lì da tempo e che si è trovata sotto il controllo del governo provvisorio di Boko Haram. Quella povera gente che viveva lì ha dovuto accettare la situazione in cui è venuta a trovarsi. Adesso sono tornati sotto il controllo del governo federale grazie all’attività militare dei soldati nigeriani; adesso vediamo che c’è bisogno di andare ancora oltre: c’è tutto il discorso politico, di riconciliazione che è ancora da fare.

D. – Ecco: è già una buona notizia che questa operazione nella foresta di Sambisa sia andata a buon fine …

R. – Stanno andando avanti, ma non è ancora finita.








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