2016-12-25 12:43:00

Natale in Siria. Card. Zenari: "I bambini i più sofferenti"


"Il Natale in Siria al sesto anno di guerra, appare oggi come il primo Natale dei cristiani". Così, al microfono di Giancarlo La Vella, il nunzio apostolico a Damasco, il cardinale Mario Zenari, si sofferma sul dramma vissuto dalla popolazione, soprattutto dai bambini, immersa in tanta violenza:

R. – Natale è la festa di Gesù Bambino, è la festa della Santa Famiglia e il pensiero va immediatamente ai bambini della Siria, quelli più provati, e alle famiglie siriane; ma occorre dire che in generale i bambini sono quelli che hanno pagato le conseguenze più gravi di questi quasi sei anni di terribile guerra. Le ultime immagini ce li hanno fatti vedere al freddo, sfollati, con le famiglie o senza genitori, a volte denutriti. Pensiamo a quanti sono rimasti traumatizzati, alle migliaia morti sotto le macerie o colpiti da pallottole, alcuni feriti, alcuni anche mutilati. Possiamo dire che questa guerra è stata una strage degli innocenti …

D. – Una guerra che rischia di disgregare il tessuto sociale siriano, a partire dalla famiglia: anche questo è, purtroppo, uno degli aspetti di questo Natale…

R. – Natale ci fa pensare alle famiglie, alla Santa Famiglia di Nazareth, alla povertà della Grotta di Betlemme, al viaggio di Maria e Giuseppe. Quante famiglie vediamo sfollate, senza casa, senza lavoro, famiglie disgregate perché magari il papà è morto o perché è dovuto emigrare. Direi, quindi, che la festa del Natale ci fa meditare sulla sorte di tanti bambini e di tante famiglie che hanno sofferto o che stanno soffrendo…

D. – A queste persone sofferenti riesce ad arrivare la solidarietà della comunità internazionale?

R. – Si ripete quello che accadde alla nascita di Gesù: allora c’era indifferenza e anche oggi c’è molta indifferenza, però allora ci fu la solidarietà di gente umile come i pastori, credo che non si debba quindi dimenticare la solidarietà di tanta gente verso le persone così colpite da questo terribile conflitto. Più di 13 milioni di persone hanno bisogno di aiuti, lo sforzo della comunità internazionale, anche se ha fallito sul piano politico, è presente e cerca di fare arrivare gli aiuti; ci sono poi tante organizzazioni umanitarie internazionali. Vorrei anche dedicare un pensiero ai tanti volontari che lavorano in queste organizzazioni umanitarie, si calcola che siano oltre mille i volontari che hanno perso la vita…

D. – Nonostante il conflitto, sono visibili i segni di questo Natale nelle comunità cristiane?

R. – Le comunità cristiane, come sempre, celebrano con un clima di festa: ci sono delle corali, ci sono i presepi e dove c’è la possibilità di avere la corrente elettrica si cerca di mettere delle luci e l’albero. Naturalmente le celebrazioni si tengono in orari convenienti per la gente, come le cinque del pomeriggio. Vorrei anche dire che alcune comunità, per esempio ad Aleppo, non possono utilizzare le chiese o le cattedrali perché in questi ultimi anni sono state semidistrutte o distrutte completamente. Direi che quello che più ha colpito le comunità cristiane, se c’è una nota di sofferenza, è proprio il fatto che non possono celebrare nelle loro chiese, nelle loro cattedrali. La ferita più grave è l’emigrazione e questa si vede, si tocca con mano, andando nelle nostre chiese si notano dei vuoti, soprattutto tra le file dei giovani. Ed è una ferita che pesa molto su queste chiese.








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