2016-12-28 14:05:00

Mps. Romani (Cisl): non c'è strategia, no a licenziamenti


Mentre si discute della possibilità di istituire una apposita Commissione d’inchiesta sul caso Mps, i fari restano puntati sul rialzo dei costi per la ricapitalizzazione che - come chiarito dalla Bce - sono passato da 5 miliardi iniziali a 8,8. Lo Stato sarà probabilmente costretto a versarne una buona parte, fino a 6,6 miliardi di euro, corrispondente al 70% delle azioni della Banca. Francesco Gnagni ne ha parlato con il segretario generale di First Cisl, il sindacato nazionale dei lavoratori del settore bancario, Giulio Romani:

R. – Il Monte dei Paschi di Siena è un paradigma, all’interno del settore, di cattiva gestione, prima, di una parte di dirigenza ma anche da parte della politica, e poi di una cattiva gestione dei problemi del sistema. Il problema del Monte dei Paschi, insieme, risiede negli Npl, nei crediti deteriorati, che sarebbe possibile togliere con importi molto inferiori a quelli utilizzati fino ad oggi. Purtroppo, non c’è strategia nella gestione delle banche e questo comporta una continua richiesta di capitale che viene costantemente consumata. Peraltro, devo dire che è scandaloso che la Bce oggi aumenti la richiesta di capitale per il Monte dei Paschi essendo stata la principale causa della necessità di questo aumento: perché, se non fossero filtrate alcune notizie, prima di Natale, sull’impossibilità del Monte dei Paschi di ottenere la proroga, non ci sarebbe stato il calo improvviso di liquidità che invece ha colpito l’azienda.

D. – La stupisce questa severità della Banca Centrale Europea che nello stesso giorno, tra l’altro, ha ridotto anche le richieste per la Deutsche Bank?

R. – Purtroppo stiamo facendo una cattiva abitudine a questa cosa, però è vero che si è avuta tolleranza altissima nei confronti delle banche tedesche: negli anni le banche tedesche, e non solo quelle tedesche, sono state finanziate dallo Stato a piene mani per tanti, tanti, decine e centinaia di miliardi di euro. In Italia è il primo intervento pubblico dentro le banche e si cerca di vanificarlo. L’impressione è che ci sia un’intenzione nel cercare di rendere il sistema bancario italiano sempre più vulnerabile è sempre più aggredibile dall’esterno: sappiamo perfettamente che, attraverso il controllo della finanza, attraverso il controllo del credito si controllano le economie e quindi si controllano anche le politiche dei Paesi. Forse c’è un interesse a controllare, attraverso la finanza, la politica italiana. Questo ci dispiacerebbe molto perché gioca sulla pelle di tanti lavoratori, non soltanto bancari.

D. – C’è un rischio per i dipendenti che questo risanamento di bilancio comporti tagli occupazionali?

R. – Il rischio per i dipendenti purtroppo abbiamo imparato a conoscerlo, perché al Monte dei Paschi – ma non solo al Monte dei Paschi – in questi anni, abbiamo avuto tagli continui: abbiamo tagliato già 6 mila posti di lavoro, 600 li abbiamo tagliati anche la settimana scorsa. Crediamo che i dipendenti abbiano già dato molto! Peraltro, anche continuare a tagliare del 10 o del 20 o del 30% il personale, non servirebbe a ridare redditività a quelle imprese. Quelle imprese possono ritrovare redditività se si liberano del credito deteriorato e se il credito deteriorato viene gestito non finanziariamente, ma viene gestito come qualcosa che serva – anche quello – al Paese: le aziende che sono in difficoltà, infatti, devono essere accompagnate a risolvere le loro difficoltà, e non uccise; quindi con società di gestioni del credito deteriorato, e se si riforma il modello di business delle banche, trasformandole in grandi centro di consulenza piuttosto che in centri di finanza come invece si è cercato di fare in questi anni. Certo è che né al Monte dei Paschi né in altre aziende siamo disponibili a trattare i licenziamenti.

D. – Per il Fondo Monetario Internazionale il primo problema della crisi bancaria italiana rimane la poca produttività: come fare per avere un sistema bancario più solido, in Italia?

R. – L’unico modo per fare utile in un periodo in cui le banche vengono un prodotto che non costa più niente – il denaro – è che le banche si attrezzino davvero per fare consulenza; che la piccola e media impresa, che l’utenza privata si rivolgano alla banca come un luogo nel quale ricevere consulenza e dove avere un contratto con cui si paga la consulenza, e non si paga il denaro: il denaro costerà quello che costerà, produrrà dei profitti marginali; quello che è importante è che la clientela possa avere un servizio ottimo. Io credo che anche il rating delle banche dovrebbe essere misurato sulla qualità della consulenza che svolge, e questo sarebbe un bel modo per riproporsi sul mercato per ritrovare fiducia e per provare a cambiare anche il modello di sviluppo economico in questo Paese.








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