2016-12-31 13:16:00

Mons. Tomasi: ascoltare il Papa sulla Siria, è il tempo della pace


Regge la tregua in Siria dopo l’accordo entrato in vigore ieri a mezzanotte. Una tregua tante volte invocata da Papa Francesco che si è impegnato personalmente per facilitare in ogni modo la fine delle ostilità nel Paese mediorientale e il rispetto dei diritti fondamentali delle persone travolte dal conflitto che dura da oltre 5 anni. Sulle speranze di pace in Siria e il ruolo del Papa e della Santa Sede, Alessandro Gisotti ha intervistato l’arcivescovo Silvano Maria Tomasi, membro del Pontificio Consiglio “Giustizia e Pace”:

R. – La pace che si prevede in questo momento per la Siria è un’opzione veramente opportuna, una “window of opportunity” come si direbbe in inglese; cioè è un momento in cui si può tentare di cominciare i negoziati per una pace stabile nel Medio Oriente. È un cessate-il-fuoco fragile. Adesso la comunità internazionale deve fare il suo meglio per aiutare in questo momento il dialogo e portare avanti un negoziato solido, che costituisca la base per un futuro più sereno in questa parte del mondo. Il problema è che, in questi cinque anni, ci sono stati più di 300 mila morti, sei milioni di sfollati interni e quattro milioni di rifugiati nei Paesi vicini della Giordania, la Turchia, e il Libano soprattutto. Quindi dobbiamo veramente muoverci nella direzione di responsabilità da parte della comunità internazionale, perché la guerra in Siria è stata una guerra giocata dai grandi poteri e da altri gruppi regionali sul territorio. Speriamo che questa volta sia un momento opportuno; quindi che il passo fatto, quello di permettere l’arrivo di aiuti umanitari e soprattutto di far cessare le armi, possa davvero avviare una soluzione stabile!

D. – Papa Francesco ha denunciato tante volte per la Siria, e non solo, che non si può parlare di pace e poi con una mano, sotto banco, dare le armi alle parti in conflitto. C’è sempre, vediamo, un interesse economico perverso che alimenta le guerre…

R. – Alla radice di questa violenza, che è stata distruttrice di un Paese che funzionava, c’è il desiderio di potere. Chi va a dominare il Medio Oriente? Sunniti o sciiti? La Russia o l’America? Dobbiamo fare in modo che gli interessi dei grandi poteri e dei grandi movimenti religiosi non diventino forza di morte per la povera gente e per le popolazioni locali, che diventano semplicemente vittime di ambizioni che non hanno niente a che fare con il loro futuro, con il futuro e la vita normale di queste famiglie e di queste persone. E il Papa – giustamente – insiste sulla protezione dei civili e dei più deboli, perché è la vita della gente comune e sono le famiglie che noi incontriamo per le strade delle varie città del Medio Oriente, che vanno a pagare alla fine il prezzo più alto con la morte dei loro cari, la fame, l’esilio… Quindi dobbiamo veramente far prendere coscienza alla comunità internazionale che non si può giocare sulla pelle degli altri.

D. – Domani la Giornata Mondiale della Pace. in questo 2016 che si sta concludendo la Chiesa, la Santa Sede, hanno facilitato dei processi di pace: pensiamo ai rapporti diplomatici tra Cuba e Stati Uniti, alla Colombia… Qual è il ruolo specifico che la Santa Sede può giocare, anche su altri fronti, per la pace e la riconciliazione?

R. – La Santa Sede non è un potere economico o militare. Dico sempre che le alabarde delle Guardie Svizzere non possono fermare le bombe moderne, specialmente le bombe atomiche. Dobbiamo ringraziare il Signore che dei passi positivi sono stati fatti in questo anno che si sta chiudendo. Per cui, il messaggio di pace che è stato inviato dal Santo Padre per la Giornata Mondiale di Preghiera per la Pace si concentra sulla nonviolenza attiva, cioè usare la nonviolenza come una strategia politica che raccolga, dopo 50 anni di messaggi sulla pace, un po’ il frutto di questo cammino che è stato fatto; e fare in modo che diventi parte della coscienza della famiglia umana che la soluzione dei problemi non può essere nell’uso delle armi, ma nel dialogo, nella creazione di incontri fraterni, nel creare ponti e non muri.








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