2017-01-07 16:00:00

Corpo Diplomatico. Prof. Giovagnoli: Francesco leader morale mondiale


Grande attesa per il discorso che Papa Francesco rivolgerà, domani mattina, ai membri del Corpo Diplomatico accreditati in Vaticano. Sul ruolo per la pace del Papa e l’impegno della diplomazia vaticana per il dialogo tra i popoli, Alessandro Gisotti ha intervistato il prof. Agostino Giovagnoli, docente di Storia Contemporanea alla Cattolica di Milano:

R. – La voce del Papa sulle più grandi questioni internazionali è sempre più ascoltata; forse non malgrado non abbia un potere politico da esercitare, ma anche e soprattutto grazie a questo: l’essere cioè semplicemente un leader morale, ma anche il rappresentante di una fede diffusissima in tutto il mondo. E anche perché la Chiesa cattolica, e in particolare i Sommi Pontefici, nel corso del XX secolo e anche in quello attuale, hanno posto sempre più attenzione ai problemi della pace e ai problemi di tutto il mondo, al di là di una visione specificatamente confessionale. E questo rende la voce del Papa una delle pochissime voci che hanno una proiezione globale e un’attenzione così intensa al problema della pace.

D. – Oltre alla voce del Papa, c’è poi anche proprio un’azione concreta che la Santa Sede ha espresso, anche nel 2016: pensiamo alla ripresa dei rapporti diplomatici tra Stati Uniti e Cuba; alla riconciliazione in Colombia; agli sforzi per la pacificazione in Venezuela. Quindi c’è anche questo elemento molto concreto, molto fattivo…

R. – Papa Francesco ha un interesse e un impegno molto attivo per il tema della pace, anche nelle molte situazioni concrete in cui si sta sviluppando quella che lui ha chiamato una sorta di “Terza guerra mondiale a pezzi”; da questo punto di vista, bisogna constatare una certa crescente solitudine del Papa come voce di pace. Il Papa ha parlato recentemente nel Concistoro di un “virus dell’inimicizia”. Mentre lo scorso anno aveva parlato al Corpo diplomatico del problema dell’indifferenza come di un “grave male del nostro tempo”, toccare il tema dell’inimicizia significa constatare quasi un aggravamento che forse c’è nel mondo attuale, che rende la guerra qualche cosa di sempre più abituale ed accettato. Ciononostante, Papa Francesco è decisamente controcorrente e per questo le sue parole diventano ancora più importanti.

D. – C’è, secondo lei, qualche elemento specifico di Francesco, che si pone, sempre ovviamente nella scia dei grandi Papi, per la pace, però con qualche elemento nuovo, qualche rinnovamento di contenuti?

R. – Certamente i tratti originali di questo Pontificato non sono pochi, e anche su questo terreno. Direi che in Francesco c’è una sensibilità particolare dal punto di vista dei popoli - se così posso dire - cioè di coloro che sono, ovunque nel mondo, sofferenti per la guerra: dall’America Latina al Medio Oriente, all’Ucraina e ad altri luoghi a cui egli rivolge spesso la sua attenzione. Questo è particolarmente adatto al tempo in cui viviamo, che è un tempo di affievolimento dei grandi disegni internazionali e delle grandi organizzazioni internazionali, e in cui invece ciò che conta è la capacità di un’iniziativa, presente nelle situazioni di crisi e attenta a cogliere le grandi questioni, come per esempio quelle delle migrazioni internazionali, che sono anch’esse in qualche modo legate al tema della pace. Ecco, è un Papa che sa leggere il mondo post-moderno, se così posso dire.








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