2017-01-12 14:23:00

Caritas italiana: Haiti a 7 anni dal sisma, povertà e distruzioni


Esce oggi il primo dossier di Caritas italiana del 2017 sulla povertà rurale nel mondo. Il documento contiene un focus particolare su Haiti sette anni dopo lo spaventoso sisma che provocò almeno 230 mila vittime accertate. Una ricostruzione che procede a rilento, anche dopo l’abbattersi dell’uragano Matthew del 2015. Giulia Angelucci ha raggiunto telefonicamente Marta Da Costa, unica operatrice Caritas italiana ad Haiti, che sottolinea le precarie condizioni dell'infanzia ad Haiti

R. – La situazione dei bambini haitiani è ancora molto grave, e il passaggio dell’uragano Matthew nell’ottobre dello scorso anno ha portato molti problemi legati a carenze alimentari, che hanno portato a malnutrizione; oltre a questo, ci sono grandi problemi sociali legati anche a violenze familiari e scolastiche. Ci sono difficoltà grandi che i bambini haitiani vivono quotidianamente.

D. – Dopo sette anni, i riflettori dei media tornano per questo anniversario; ma gli aiuti continuano?

R. – Gli aiuti continuano, e io spero che in qualche modo possano continuare ancora. La situazione del Paese non è semplice: non a caso è uno degli Stati  più poveri del mondo. Ci sono innumerevoli bisogni e difficoltà, tanto a livello infrastrutturale quanto a livello sociale. Ci sono zone praticamente ancora completamente isolate, dove non ci sono strade, non arriva l’acqua, non ci sono neanche scuole e la maggior parte della gente vive di pura sussistenza.

D. – Come operate in loco per aiutare la popolazione?

R. – L’idea che abbiamo portato avanti è quella dell’accompagnamento. La Caritas italiana non si trova a Haiti per sostituirsi agli haitiani, ma cerchiamo di accompagnarli in una prospettiva di lungo periodo e con interventi volti al raggiungimento dell’autonomia. Siamo intervenuti dopo il terremoto, chiaramente con una prima emergenza che riguardava i bisogni primari, immediati e successivamente e tuttora abbiamo in atto progetti che riguardano formazione, inclusione sociale, progetti a livello idrico-sanitario, progetti anche di ricostruzione e, ovviamente, nelle zone rurali in cui siamo molto presenti, progetti legati all’agricoltura e all’allevamento. Speriamo che Haiti possa poi proseguire da sola, con le proprie forze e capacità.

D. – E che cosa offre, rispetto a queste altre associazioni o ong?

R. – Noi cerchiamo soprattutto di arrivare dove ci sono collegamenti molto complessi e dove magari molte organizzazioni non arrivano. A me personalmente capita spesso di andare in visita a progetti dove per arrivare devo camminare un paio d’ore; la realtà è che Caritas arriva in queste zone, non si ferma solamente nei principali centri urbani, in cui ovviamente ci sono comunque tantissime problematiche …

D. – Per quanto riguarda le donazioni?

R. – Noi abbiamo ricevuto dei fondi, dei finanziamenti dalla Cei per intervenire in seguito all’uragano Matthew e poi subito dopo il terremoto, grazie anche alla colletta, abbiamo ricevuto altri aiuti. Ci sono moltissimi italiani che hanno collaborato e continuano a collaborare per aiutare il popolo haitiano. Siamo anche in contatto con altre Caritas che lavorano in Haiti: parlo quindi di Crs (Catholic Relief Services), la Caritas del Belgio, ovviamente la Caritas di Haiti e insieme cerchiamo di costruire interventi diversificati che possano avere poi un seguito sul territorio.








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