2017-01-15 19:34:00

Papa in parrocchia a Guidonia: testimoniare Gesù, senza chiacchiere


Dare “testimonianza di Gesù” con esempi di vita cristiana, azioni concrete e senza “chiacchiere”. Così il Papa, in visita questa domenica pomeriggio alla parrocchia di Santa Maria a Setteville, nel comune di Guidonia ma nella diocesi di Roma. Nella borgata, visitata dal Pontefice già nel 2014, Francesco ha così ripreso le visite alle parrocchie romane dopo la pausa dell’anno giubilare. E ha voluto farlo cominciando con l’incontro con il vice parroco, colpito da due anni da una grave forma di sclerosi laterale amiotrofica. Il servizio di Giada Aquilino:

Non semplici parole ma azioni
Un incontro privato, mosso soprattutto dalla preghiera, quello con il vice parroco di Santa Maria a Setteville: don Giuseppe Berardino è malato di Sla, è impossibilitato a muoversi autonomamente. Ma il segno della sua testimonianza e il frutto della sua opera il Papa può toccarli con mano in parrocchia. Francesco incontra i ragazzi del post Cresima che hanno cominciato cinque anni fa il loro percorso proprio con don Giuseppe. Il Pontefice, accompagnato dal parroco, don Luigi Tedoldi, li sollecita a parlare, a porre domande, a testimoniare la loro presenza in parrocchia che è – dice – “una grazia del Signore”, di fronte a quei giovani che abbandonano la chiesa dopo la Cresima: per questo, osserva, è detta troppo frettolosamente il “Sacramento dell’addio”. Coi bambini si sofferma sul significato della testimonianza come “esempio di vita”:

“Io posso parlare del Signore, ma se io con la mia vita non parlo dando testimonianza, non serve! ‘Ma, Padre, io sono cristiano, e parlo del Signore’. ‘Sì, ma tu sei un cristiano-pappagallo; soltanto da qui: parole, parole, parole’. Ti ricordi quella canzone…? No, voi no, siete giovani … Sì? ‘Parole, parole, parole’… E niente di più. La testimonianza cristiana si fa con la parola, con il cuore e con le mani”.

I cristiani non fanno proselitismo
Ai parrocchiani - animati anche da otto comunità neocatecumenali - Francesco dice di ascoltare, andare incontro, chiedere perdono e perdonare, compiere opere di misericordia con malati, carcerati, poveri. E avere fede, vivendola e dimostrando coi fatti quanto sia importante:

“Non si deve spiegare. Sentite bene questo: se tu hai un amico, un’amica che non crede, tu non devi dire: ‘Ma, tu devi credere per questo, per questo, per questo’… e spiegargli tutte le cose. Questo non si deve fare! Questo si chiama proselitismo, e noi cristiani non dobbiamo fare proselitismo. Cosa si deve fare? Se io non posso spiegare, cosa devo fare? Vivere in tal modo che siano lui o lei a chiedermi: ‘Perché tu vivi così? Perché tu hai fatto questo’? E lì sì, spiegare”.

A volte la fede non si vede ma con l'aiuto del Signore si ritrova
Invita poi a parlare e a prendere esempio dai nonni, che “custodiscono la famiglia”: sono la nostra “memoria”, la nostra “saggezza”, sono anche “amici”, sottolinea. Nell’incontro con i collaboratori della pastorale, ricorda di quando a Buenos Aires faceva alcune catechesi “con un film”: ad esempio invitando a guardare un film giapponese, di Kurosawa, “Rapsodia in agosto”, per spiegare il dialogo fra nonni e nipoti. Ad una domanda di un parrocchiano, risponde poi di non aver visto film dedicati alla sua vita. Invece racconta di aver camminato, a volte, nel “buio” della fede: ci sono giorni in cui “non si vede”, spiega, ma poi con l’aiuto del Signore si ritrova. Ad esempio davanti a una calamità: Francesco riferisce dei 13 bambini nati dopo il sisma che ha colpito il Centro Italia e battezzati a Casa Santa Marta. Un padre ha raccontato al Papa di aver perso la moglie nel terremoto. Esorta quindi i presenti:

“Rispetta quel buio dell’anima. Poi sarà il Signore a risvegliare la fede. La fede è un dono del Signore. A noi, soltanto custodirlo… Non si studia per avere fede: la fede si riceve come un regalo”.

Gesù è vicino a tutti
Incontrando i malati, il Papa si sofferma - come già in passato aveva fatto - a riflettere sulle sofferenze anche quelle - osserva - dei “bambini con problemi”:

“Ci sono cose che non si possono spiegare, ma succedono: la vita è così; la vita è così. Gesù ha voluto essere vicino a noi anche con il suo dolore, con la sua passione, con le proprie sofferenze, e Gesù è vicino a tutti voi”.

Dare testimonianza di Cristo
Coi genitori dei 45 bambini battezzati in parrocchia nel corso dell’anno Francesco si sofferma a sottolineare la “gioia della vita che va avanti”, tipica dei piccoli. Quindi ripropone i consigli che spesso affida alle coppie: mai che i bambini vedano mamma e papà “litigare” e mai finire la giornata “senza fare la pace”. A seguire, dopo aver confessato quattro persone, nell’omelia della Messa Francesco torna a invitare a dare testimonianza di Cristo:

“Ci sono tanti cristiani che professano che Gesù è Dio; ci sono tanti preti che professano che Gesù è Dio, tanti vescovi… Ma tutti danno testimonianza di Gesù? O essere cristiano è come… un modo di vivere come un altro, come essere tifoso di una squadra? ‘Ma sì, sono cristiano…’. O come avere una filosofia: ‘Io osservo questi comandamenti, sono cristiano, devo fare questo…’. Essere cristiano, prima di tutto, è dare testimonianza di Gesù”.

In parrocchia niente chiacchiere
E una parrocchia, prosegue, è “incapace” di dare testimonianza se al proprio interno si insinuano le “chiacchiere”. Il Pontefice porta l’esempio degli Apostoli, che pure tradirono Gesù, ma mai - spiega - “parlavano male” l’uno dell’altro:

“Volete una parrocchia perfetta? Niente chiacchiere. Niente. Se tu hai qualcosa contro uno, vai a dirglielo in faccia, o dillo al parroco; ma non fra voi. Questo è il segno che lo Spirito Santo è in una parrocchia. Gli altri peccati, tutti li abbiamo. C’è una collezione di peccati: uno prende questo, uno prende quell’altro, ma tutti siamo peccatori. Ma quello che distrugge, come il tarlo, una comunità sono le chiacchiere, dietro le spalle”.

Setteville sia un quartiere di pace
Prima di lasciare Guidonia, Francesco saluta i fedeli che per ore lo hanno atteso fuori la chiesa. E lascia una consegna: che il loro sia un “quartiere di pace”.








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