L’occupazione che da 50 anni (1967-2017) colpisce la Cisgiordania e Gerusalemme-Est, il blocco di Gaza in atto da 10 anni, “violando la dignità umana sia dei palestinesi sia degli israeliani, è uno scandalo cui non dobbiamo mai abituarci”. Lo scrivono i vescovi di Ue, Usa, Canada e Sud Africa (Hlc) nel comunicato finale della loro tradizionale visita di solidarietà in Terra Santa (14-19 gennaio) che si è conclusa oggi a Betlemme. Quest’anno il pellegrinaggio, cui hanno partecipato 12 vescovi, mons. Duarte da Cunha, segretario generale del Ccee, e padre Peter-John Pearson, per i presuli del Sud Africa - riporta l'inviato dell'agenzia Sir - si è svolto tra Gaza, Jaffa, Betlemme, Gerusalemme e Hebron e ha avuto tra i temi più approfonditi proprio l’occupazione militare israeliana.
Solidarietà per chi professa la speranza e la lotta per la riconciliazione
“Tantissime persone nella Terra Santa hanno trascorso tutta la loro vita sotto l’occupazione,
con la sua segregazione sociale polarizzante, ma ancora professano la speranza e la
lotta per la riconciliazione. Ora più che mai, costoro meritano la nostra solidarietà”,
si legge nella nota con la quale i vescovi ribadiscono la loro “responsabilità di
opporsi alla costruzione degli insediamenti”. Per i vescovi dell’Hlc “questa annessione
de facto di terre non solo mina i diritti dei palestinesi in aree come Hebron e Gerusalemme
Est, ma, come ha recentemente riconosciuto l’Onu, mette in pericolo anche le possibilità
di pace”.
Per Gaza i vescovi incoraggiano “la resistenza non violenta"
Responsabilità riaffermata anche per “fornire assistenza alla popolazione di Gaza,
che continua a vivere in mezzo a una catastrofe umanitaria generata dall’uomo stesso”
e aggravata da un “decennio sotto assedio, aggravata da “uno stallo politico causato
da una mancanza di buona volontà di tutte le parti in causa”. Sulla scorta delle parole
di Papa Francesco, i vescovi incoraggiano “la resistenza non violenta che ha ottenuto
grandi cambiamenti in tutto il mondo. Ciò è particolarmente necessario di fronte a
ingiustizie quali l’incessante costruzione del muro di separazione in terra palestinese,
inclusa la Valle di Cremisan”.
Pregare per la libertà di ognuno in Terra Santa
Il messaggio finale promuove la soluzione dei due Stati già auspicata dalla Santa
Sede e rilancia l’aiuto verso la Chiesa locale, le sue agenzie, i volontari e le ong.
“Nelle circostanze più difficili mostrano una grande resilienza e svolgono un lavoro
che cambia la vita – recita il testo -. È la nostra fede in Dio che ci dà speranza.
È la testimonianza dei cristiani in Terra Santa che abbiamo incontrato, soprattutto
quella dei giovani, che ci ispira”. “Nel corso di questo 50° anno di occupazione –
conclude la nota – dobbiamo pregare per la libertà di ognuno in Terra Santa e sostenere
in modo concreto tutti coloro che lavorano per costruire una pace giusta”.
Non possiamo tacere: il conflitto non è normale, è uno scandalo
Tracciando al Sir un bilancio della visita, il segretario generale del Ccee mons.
Duarte da Cunha ha detto che “non possiamo tacere. Non lasciare che nel cuore dei
cristiani e delle società occidentali un conflitto aperto da 50 anni, con un’occupazione
militare in atto, passi per ‘normale’. Invece è uno scandalo. C’è una responsabilità
anche pastorale che dobbiamo assumerci come sacerdoti e vescovi che è quella di portare
il popolo a prestare attenzione alla Terra Santa, con tutte le sue luci e le sue ombre”.
I vescovi di Terra Santa ci invitano a venire in pellegrinaggio nei Luoghi
di Gesù
Mons. da Cunha sottolinea anche la necessità “di pregare, di gridare a Dio. I muri
che gli uomini hanno costruito qui sono troppo alti perché possano essere distrutti
soltanto umanamente. Abbiamo visto cadere dei muri che nessuno credeva potessero crollare.
Sono il segno della Provvidenza di Dio che assiste l’uomo”. Una volta rientrati nei
rispettivi Paesi, annota il Segretario della Ccee, “i vescovi e i membri del Coordinamento
sono chiamati, ciascuno secondo le proprie possibilità, a sensibilizzare le Chiese
locali sui problemi della Terra Santa e dei suoi cristiani”. Sensibilizzazione che
deve investire anche “i Governi e i media”. Strumento privilegiato di persuasione
è il pellegrinaggio: “i vescovi della Terra Santa ci invitano a venire in pellegrinaggio
nei Luoghi di Gesù. Anche in questo modo si aiuta la causa della pace, si sostengono
i fedeli di qui e si evita la loro emigrazione. Il pellegrinaggio tiene viva la fede
dei nostri fedeli e la speranza dei cristiani locali”.
La povertà dei due popoli: i palestinesi oppressi e gli israeliani pieni
di paura
Per il rappresentante italiano, l’arcivescovo di Arezzo, mons. Riccardo Fontana, con
questa visita in Terra Santa “abbiamo voluto riaffermare con concretezza i diritti
dei poveri. Concretezza che ci ha permesso di parlare non in modo astratto di ciò
che abbiamo visto e sentito dalle persone incontrate e da cui deriva la responsabilità,
citata più volte nel messaggio finale, di difendere il diritto e la giustizia dei
due popoli. Essi sono espressione di due povertà che si combinano insieme: i palestinesi
oppressi e gli israeliani pieni di paura”.
Non dobbiamo abituarci al conflitto che dura da 50 anni
“Il messaggio finale diffuso questa mattina non ha solo un valore politico – cita,
tra le varie cose, l’occupazione militare, gli insediamenti, la necessità di sostenere
la popolazione di Gaza, la soluzione dei Due Stati – ma anche e soprattutto ecclesiale.
Ciò che sta a cuore a noi vescovi – dice mons. Fontana – è la giustizia e la pace
di questi popoli che si contrappongono per la terra”. “Nostra intenzione è sostenere
palestinesi e israeliani, cristiani, musulmani e ebrei, e tutti coloro che sono impegnati
a trovare le vie più giuste per una soluzione del conflitto che dura ormai da 50 anni
e al quale non dobbiamo abituarci, come scriviamo nel messaggio finale”. Uno degli
strumenti che, dichiara l’arcivescovo, “abbiamo a disposizione è il pellegrinaggio
sulle orme di Gesù, un cammino di preghiera rivolta a Dio per la libertà di israeliani
e palestinesi e per coloro che lavorano in modo concreto per costruire una pace giusta”.
(R.P.)
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