Il nuovo welfare non potrà prescindere dal coinvolgimento delle famiglie. E’ la sfida lanciata da Carlo Borgomeo, presidente della Fondazione con il Sud che domani interverrà all’incontro: “Diamo credito alle famiglie. Insieme per far crescere il Paese”. Massimiliano Menichetti lo ha intervistato:
R. - L’esperienza del lavoro che facciamo certifica in modo inequivocabile che nel nuovo welfare che dobbiamo affrettarci a costruire, che la famiglia non è il soggetto prevalentemente destinatario, ma è prevalentemente un soggetto protagonista. Si potrebbero fare molti esempi: quando si parla di uno dei temi più caldi del Paese - specialmente nel Sud e in alcune aree urbane periferiche – del disagio giovanile con tanto di fenomeni di bullismo, di vicinanza alle organizzazioni criminali; quando si parla di lotta alla dispersione scolastica… il ruolo principale lo gioca la famiglia.
D. - Che significa concretamente?
R. - Significa - ad esempio - che quando facciamo progetti contro la dispersione scolastica gli animatori delle associazioni di volontariato, delle cooperative sociali o i tecnici iniziano a parlare con i genitori; quindi vanno a casa a trovare i genitori e concordano un piano di intervento. Prima per combattere questo fenomeno si provava a contattare direttamente al ragazzo, a convincerlo in mille modi … La parola chiave ora è responsabilità, cioè si traferisce la responsabilità dell’intervento in capo alla famiglia, la si aiuta, ma investendola di responsabilità, coinvolgendola. Questo è – come dicevo prima – un passaggio decisivo per realizzare un nuovo welfare. Noi siamo abituati a vedere lo Stato come welfare-onnivoro, che pensa a tutto e la famiglia come mera destinataria, così come tanti altri soggetti. Invece la sfida è cambiare questo e dare alla famiglia un ruolo molto forte.
D. - Che cosa è successo alla famiglia negli anni?
R. - Ci sono due ragionamenti che fare. Il primo è che si è affermata con grande forza una cultura dello Stato che pensa a tutto, come recita la frase: “Dalla culla alla tomba”. Questo da un certo punto di vista è molto bello, da un altro punto di vista significa deresponsabilizzazione. Il secondo è l’aggressione dei consumi: la famiglia – basta guardare le pubblicità – è considerata prevalentemente un luogo di consumo.
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