2017-01-21 13:20:00

Gambia: Yahya Jammeh annuncia l'uscita dalla scena politica


Il Presidente uscente del Gambia Yahya Jammeh ha accettato di lasciare il potere ed il Paese. A riferirlo fonti della Mauritania e della Guinea che hanno condotto le trattative a Banjul e che lasciano trapelare come Jammeh possa trasferirsi a breve proprio in Mauritania o in Qatar. Il servizio di Giada Aquilino:

“Non è necessario che venga sparsa neanche una goccia di sangue”. Con queste parole, in un discorso televisivo, Yahya Jammeh ha annunciato di lasciare il potere e scegliere l’esilio all’estero. Eppure sono trascorsi quasi 23 anni dal colpo di Stato con cui nel 1994 prese il potere: più di due decenni non certo facili per la popolazione che nel tempo ha denunciato sparizioni, omicidi, incarcerazioni senza processo, persecuzioni. Era scaduto ieri l'ultimatum posto a Jammeh dalla Comunità economica degli Stati dell'Africa occidentale, l’Ecowas, le cui truppe avevano fatto il loro ingresso in Gambia giovedì, dopo il giuramento a Dakar, in Senegal, di Adama Barrow, eletto nelle consultazioni del dicembre scorso. L’Onu ha reso noto che circa 45 mila persone sono fuggite in Senegal nel timore dell'inizio di un conflitto armato, in un Paese – il più piccolo dell’Africa - già afflitto da povertà e crisi economica, che negli anni hanno spinto soprattutto i giovani a migrare in condizioni drammatiche. L’africanista Vincenzo Giardina:

“Un caso che ha commosso il mondo, a novembre, è stato quello della morte in mare, nel Mediterraneo, di una ragazza di 19 anni, portiere della nazionale femminile di calcio del Gambia: un fatto che racconta di un Paese dove una persona su tre vive al di sotto della soglia di povertà fissata dalle Nazioni Unite e dove la disoccupazione è endemica. Il Gambia è un Paese con meno di due milioni di abitanti e con una superficie inferiore a quella della Campania, incuneato e completamente abbracciato dal Senegal, che dipende quasi interamente, per la propria economia, dalle esportazioni di prodotti agricoli”.

Jammeh non ha fornito dettagli su come intenda procedere nella transizione. Dopo il voto di dicembre, aveva fatto sapere di accettare la vittoria elettorale di Barrow, tornando poi sui suoi passi. Al lavoro ancora i mediatori dell’Africa occidentale, in un continente dove non di rado si assiste al protrarsi di presidenze e mandati:

“In Africa si è parlato molto, negli ultimi mesi, di situazioni di crisi importanti, legate allo svolgimento o al mancato svolgimento di elezioni. Penso anzitutto al Gabon, dove Ali Bongo è rimasto al potere nonostante elezioni contestate, anche a livello internazionale; e penso soprattutto alla Repubblica Democratica del Congo, dove - nonostante la scadenza del proprio mandato - il Presidente Joseph Kabila non ha lasciato il potere e le elezioni sono state rinviate a un futuro da definirsi. Il Gambia, da un punto di vista del proprio peso demografico e geopolitico, è un caso un po’ differente: è un Paese piccolo e quindi l’ipotesi di un intervento come quello a cui stiamo assistendo è difficilmente replicabile in contesti quali il Gabon o la Repubblica Democratica del Congo. Evidentemente si pone e torna un problema: quello cioè dei Presidenti aggrappati al potere, dei Presidenti che non rispettano le prescrizioni costituzionali e dunque di un sistema di alternanza di tipo liberaldemocratico che in Africa fa difficoltà ad affermarsi”.

In Gambia, poco prima del Natale 2015, Jammeh proclamò la Repubblica islamica:

“Nei giorni scorsi mi è capitato di intervistare, per l’Agenzia di stampa ‘Dire’, padre Benedict Mbah, un missionario della Congregazione dei Missionary of Saint Paul, che si trova in Gambia. Raccontava della crisi economica e raccontava anche di questo passaggio contestato della proclamazione di una Repubblica islamica in Gambia, un Paese che è in grande maggioranza musulmano, ma dove c’è anche un’importante, significativa e preziosa tradizione di convivenza tra cristiani e musulmani. La lettura che padre Benedict ha dato è quella di un tentativo, negli ultimi anni, di distogliere l’attenzione da condizioni economiche molto, molto difficili; oltre che di tentare di riposizionare il Gambia in modo tale da ottenere aiuti e alleanze da parte delle monarchie del Golfo, allontanandosi invece – come testimoniato dalla decisione di uscire dal Commonwealth, assunta nel 2013 - dall’Unione Europea e dagli ex colonizzatori britannici. Peraltro c’è stata una sospensione di aiuti significativa da parte europea, che ha avuto anche un impatto sull’economia e la società del Gambia”.

La popolazione, soprattutto quella in fuga su piroghe di fortuna lungo il fiume Gambia, attende che il nuovo capo di Stato Barrow prenda le redini di un Paese che la stampa internazionale ha più volte definito “in macerie”.








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