2017-01-21 21:00:00

Narcotraffico: "El Chapo" in tribunale Usa


Il narcotrafficante messicano Joaquim Guzman Loera, detto “El Chapo”, recentemente estradato negli Stati Uniti, si è dichiarato non colpevole di traffico di droga e delle altre accuse che gli sono mosse nel tribunale di Brooklyn. Dopo essere riuscito a scappare per ben due volte dalle carceri messicane, Guzman - soprannominato “El Chapo” (il basso) per la sua statura - capo del Cartello messicano di Sinaloa, deve rispondere di narcotraffico, omicidi e riciclaggio di denaro sporco in diversi Stati, tra cui California e Texas. Il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti lo considera il  leader di un "impero criminale" del traffico di cocaina, marijuana,  eroina e metanfetamine, introdotte, a tonnellate, nel Paese.  La rivista 'Forbes' nel 2009 lo aveva  incluso nella sua lista degli  uomini più ricchi del mondo, con una fortuna stimata di circa 1.000 milioni di dollari.  L’estradizione verso gli Stati Uniti di “El Chapo” rappresenta un risultato importante nella lotta mondiale al narcotraffico, un mercato illegale globale il cui giro d’affari è stato calcolato in 320 milioni di dollari. Elvira Ragosta ne ha parlato con Veronica Ronchi, ricercatrice di Storia Economica ed esperta di narcotraffico:

R. – Il Chapo Guzmán è sicuramente il narcotrafficante più conosciuto - tanto da aver avuto nel corso della sua storia diverse taglie sopra la testa - e proveniente da un sistema – quello di Sinaloa – storicamente dedito al narcotraffico, in cui è sempre stato protetto. Pertanto l’estradizione rappresenta sicuramente un dato positivo sia per il Messico, sia per gli Stati Uniti.

D. – Quanto è grande il peso dei narcotrafficanti messicani nel traffico internazionale di droga?

R. – E’ assolutamente determinante per quanto riguarda la cocaina e le metanfetamine. Si tratta di un mercato in fortissima espansione a partire dall’89, quando si spaccano i vari cartelli della droga e si crea una struttura multiforme che consente, però, al Messico di diventare sempre più ibrido dopo la chiusura del corridoio caraibico, che ha impedito ad altri sistemi sudamericani di essere dominanti del mercato, permettendo al Messico di far transitare fondamentalmente tutta la droga. I narcotrafficanti si sono fondamentalmente arricchiti perché all’interno del sistema messicano si facevano pagare in merce e non più in dollari e di conseguenza hanno cominciato a dettare poi il prezzo sui mercati internazionali.

D. – Quali sono gli altri Stati nella geografia del narcotraffico?

R. – L’America Latina la fa da padrona! Abbiamo un sistema che è prevalentemente quello colombiano, prevalentemente andino, che produce la foglia di coca e poi la pasta di coca, che viene poi lavorata in altri sistemi; fino a giungere in Messico, dove il mercato della lavorazione è il più ampio in assoluto. Mentre, invece, per gli oppiaci è fondamentalmente l’Afghanistan, la Turchia e altri sistemi…

D. – Il problema del narcotraffico è strettamente collegato alle attività criminali. A che punto è la lotta mondiale a questo fenomeno?

R. – E’ una lotta direi purtroppo ferma: nel senso che si sono tentati – a partire dal ’71, quindi dall’amministrazione Nixon – negli Stati Uniti una serie di procedimenti che si sono imposti e la lotta alla droga come principale scopo. In realtà finché il consumatore finale non verrà punito – e questo non capita nemmeno negli Stati Uniti né chiaramente nei nostri sistemi – sicuramente questo mercato rimarrà stabile, come si evince dai dati degli ultimi anni. Pertanto la lotta al narcotraffico – dal mio punto di vista – deve essere una lotta soprattutto culturale all’interno di quei Paesi in cui il narcotraffico è una voce importante del Pil, come appunto il Messico; ma si deve anche penetrare nei sistemi consumatori, come quelli occidentali, come quello statunitense, in cui evidentemente - nonostante gli sforzi fatti anche dall’ultima amministrazione Obama e parliamo di un miliardo di dollari spesi in questo sistema – ci rendiamo conto che, anche dalle dichiarazioni dello stesso Obama, il sistema è fondamentalmente fallimentare.

D. – Altre gravissime conseguenze sono poi quelle sociali, legate alla produzione e al commercio illegale della droga: lo sfruttamento di essere umani, anche l’utilizzo di bambini in questi processi di produzione…

R. – Certo, assolutamente! Il Messico recupera la gran parte della propria manodopera dedita al narcotraffico fra i minori: stiamo parlando di minori generalmente provenienti da famiglie estremamente povere, monogenitoriali o in cui genitori sono generalmente emigrati. Per cui si tratta di sistemi dove il welfare non esiste e in cui i bambini trovano come unica soluzione finale quella inserirsi nel sistema del narcotraffico, ovviamente con altissime probabilità di morire ammazzati…








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