2017-01-21 08:00:00

Usa. Trump giura da Presidente: "L'America prima di tutto"


Donald Trump ha giurato ieri a Washington come 45.mo Presidente degli Stati Uniti. Nel suo discorso ha affermato con forza: "L'America prima di tutto". Oggi - ha aggiunto - il "potere torna al popolo". Poi le due linee guida: "Comprate americano, assumete americani". Come primo atto presidenziale ha firmato un decreto che taglia i costi della Riforma sanitaria di Obama, la cosiddetta 'Obamacare'. Ieri non sono mancate le proteste con manifestazioni che a volte sono degenerate in scontri con la polizia: oltre 200 gli arresti. Massimiliano Menichetti ha intervistato Paolo Mastrolilli, corrispondente dagli Stati Uniti per il quotidiano La Stampa:

R. – Il Presidente Trump ha fatto un discorso in linea con ciò che diceva durante la campagna elettorale. Molti si aspettavano che sarebbe cambiato una volta alla Casa Bianca, invece ha dimostrato che quelle erano effettivamente le sue idee, le idee con cui intende governare gli Stati Uniti. In sostanza ha detto che il suo progetto è quello di rifare grande l’America, rilanciando l’economia, restituendo il governo al popolo e anche sul piano internazionale mettendo l’interesse dell’America al primo posto, “America first”. E’ convinto che con questa strategia riesca a rilanciare l’America, a farle avere successo, tanto dal punto di vista economico, quanto dal punto di vista della presenza sulla scena internazionale. Quindi in questa maniera pensa forse di unificare il Paese, nel senso che avendo successo poi anche le persone che non l’hanno votato si convinceranno a seguire la sua leadership.

D. – Tante le proteste nella giornata di insediamento. Si vede ancora la spaccatura che c’era durante la campagna elettorale…

R. – La spaccatura è rimasta, gli Stati Uniti sono un Paese diviso e chiaramente l’elezione di Trump, almeno al momento, non è riuscita a curare questa divisione che però è precedente a lui, e che va avanti da circa 20 anni. Trump è un Presidente di minoranza, lo hanno votato poco più di 60 milioni di americani, certamente meno della metà degli aventi diritto. E in più ha anche perso il voto popolare rispetto a Hillary Clinton, con tre milioni di consensi in meno. Quindi è in una posizione veramente difficile. I sondaggi dicono che la sua popolarità è al 40%, quindi è abbastanza bassa. E da qui deve cercare di partire per riconquistare tutta quanta questa fetta di americani che non lo hanno votato e non accettano addirittura la sua elezione. Trump per avere successo deve diventare il Presidente di tutti gli americani, non può restare solo il Presidente di coloro che lo hanno votato.

D. - Di cosa ha bisogno l’America adesso?

R. – Secondo Trump - è quello che lui ha detto in maniera informale ai suoi collaboratori - ha bisogno di successo economico. Ha detto che la cosa fondamentale su cui si baserà il successo della sua presidenza è il rilancio dell’economia e soprattutto il lavoro. E’ vero che la disoccupazione è bassa, sotto il 5% ma secondo lui molti americani sono insoddisfatti perché o non cercano più il lavoro oppure quello che hanno non gli dà abbastanza sicurezza, non gli dà la possibilità di realizzare il sogno americano, di vivere meglio di come facevano i propri genitori. Lui punta soprattutto su questo. E poi naturalmente sulla sicurezza, infatti ha detto che l’obiettivo principale della sua amministrazione sarà quello di sradicare l’islam radicale e il terrorismo che produce in tutto quanto il mondo.

D. – Siamo abituati a vedere un’America che vive e interpreta la democrazia anche con le grandi proteste, ma anche un’America che poi si ricompatta sotto la bandiera: qual è l’America di oggi?

R. – Trump ha fatto l’appello al patriottismo, ha detto: potete essere bianchi, neri, marroni, potete essere repubblicani o democratici, ma alla fine quello che ci unisce è il patriottismo, l’adesione alla stessa bandiera. In questo momento però non ho l’impressione che ci sia questo denominatore. Il patriottismo, la fedeltà agli Stati Uniti, alla bandiera, ai valori americani probabilmente esistono nel fondo del cuore di tutti quanti gli abitanti di questo Paese, ma quelle che emergono di più sono le divisioni, le differenze politiche che sono state accentuate durante la scorsa campagna elettorale. Questa effettivamente è la sfida di Donald Trump. La divisione del Paese esisteva prima che lui arrivasse ma si è accentuata adesso. E certamente se lui non riesce a ricompattare il Paese, se lui resta solamente il Presidente dei 60 milioni di americani che lo hanno votato, questo rischia di diventare un problema serio per la tenuta degli Stati Uniti e per il loro successo economico e nella politica estera.








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