2017-01-22 12:15:00

L'appello di Francesco: pregare sempre per l'unità dei cristiani


All'Angelus Papa Francesco ha invitato a non smettere di pregare in questa Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani "affinché si compia il desiderio di Gesù": «Che tutti siano una sola cosa» (Gv 17,21). Il tema di quest'anno è tratto dalle parole di San Paolo: “L’amore di Cristo ci spinge alla riconciliazione” (cfr 2 Cor 5,14). Mercoledì prossimo il Papa concluderà la Settimana con la celebrazione dei Vespri nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, a cui parteciperanno i fratelli e le sorelle delle altre Chiese e Comunità cristiane presenti a Roma. Su questo desiderio di unità, sentiamo il pastore Eric Noffke, docente di Nuovo Testamento presso la Facoltà valdese di teologia di Roma. L'intervista è di Fabio Colagrande:

R. – Quello che rimane fermo nel cristianesimo e che ha tenuto viva la speranza per questi duemila anni è proprio l’invito di Gesù all’amore, perché l’amore va oltre le barriere che noi esseri umani creiamo e costruiamo tra noi. Per cui l’amore è veramente quell’atteggiamento col quale siamo chiamati da Dio a guardare al di là del nostro piccolo mondo, delle idee cui siamo affezionati, delle nostre storie e tradizioni e andare a cercare il nostro prossimo, e in questa Settimana in modo particolare, come fratello e sorella in Cristo nelle altre Chiese che abbiamo di fronte a noi.

D. – "L’amore di Cristo ci spinge verso la riconciliazione". Ecco, questo motto – secondo lei – si lega in quale modo alla ricorrenza di quest’anno, il quinto centenario della Riforma protestante?

R. – Assolutamente sì! Come ricordava il Papa, la Riforma non è nata per dividere ma per stimolare la cristianità a recuperare sempre, a ritornare sempre alle proprie origini. E quindi questo ritorno alle proprie origini, alle nostre origini, è il punto di partenza della riconciliazione: la nostra origine è in Cristo; Cristo ha pregato per l’unità della Chiesa e ci ha indicato il fatto che la via per il cristianesimo - per i cristiani, forse, ancora meglio - è la via dell’unità e non quella della divisione. Per cui ritornare alle origini significa ricercare con forza la riconciliazione. E speriamo non solo in questa Settimana, ma anche in ogni giorno della nostra vita di credenti.

D. – Come pastore valdese, come ha considerato il viaggio di Papa Francesco in Svezia, in occasione dei 500 anni della Riforma?

R. – Un segno di volontà di riconciliazione. E’ chiaro che questi eventi fortemente simbolici, poi, vengono anche molto attaccati da tante direzioni: c’è chi cerca sempre di vederci un secondo fine o cose del genere… lasciamoli perdere questi discorsi! Per la prima volta un Papa, dopo 500 anni dalla Riforma, è andato a parlare di riconciliazione: questo è un evento! Poi vedremo anche quali conseguenze pratica avrà, ma è indubbiamente una tappa storica. Veramente simbolicamente è molto importante.

D. – Nel mondo cattolico, alcuni si chiedono che senso abbia commemorare un evento negativo come la Riforma. Da valdese come risponde a queste critiche?

R. – Io le leggo in questo modo: nel 1500 la Chiesa si trovava a dover dare delle risposte, a dover prendere delle decisioni, perché le tensioni interne erano fortissime; e la Riforma è stata un tentativo di dare delle risposte. Adesso le risposte che ha dato la Riforma – al di là del fatto che poi il processo storico sia andato verso una divisione – sono e rimarranno sempre, secondo me, uno stimolo, per tutta la Chiesa e per tutte le Chiese, a riflettere su se stesse a non inaridirsi, a non bloccarsi, a non fossilizzarsi, a ritornare costantemente alle origini. Io credo che qualsiasi Chiesa cristiana, in qualsiasi luogo del mondo, abbia bisogno di rispondere a queste domande. La Controriforma – come viene chiamata – è stata, a sua volta, una risposta a queste domande. Ed è lì che nasce il Cattolicesimo come lo conosciamo noi oggi. Queste rimangono domande costruttive per tutte le Chiese, al di là poi delle divisioni che hanno creato, che di fatto comunque erano latenti e sarebbero, bene o male, scoppiate al di là della Riforma protestante, penso…

D. – Dopo 50 anni di dialogo ecumenico, com’è cambiato il rapporto tra mondo cattolico e mondo evangelico?

R. – E’ cambiato nel senso che ci conosciamo di più e – secondo me – la conoscenza è il punto di partenza di un dialogo costruttivo. Io ho 48 anni e se penso a quando ero ragazzino, nei confronti dei protestanti c’erano dei pregiudizi spaventosi e nei confronti dei cattolici – da parte nostra – altrettanto. Era l’eredità di secoli di conflitti, di scontri e anche di oppressioni in Italia. Adesso oggi mi sembra che questo ci sia molto di meno. In alcune zone di Italia può ancora esserci, ma mi sembra che ci sia molto meno e che ci sia una maggiore conoscenza reciproca e quindi rispetto e quindi anche ricerca di costruire ponti, di costruire amicizie.








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