2017-01-27 13:15:00

Siria. Mosca: colloqui di Ginevra rinviati. Onu non conferma


È giallo sui negoziati di pace di Ginevra dedicati alla Siria, in programma l’8 febbraio. Stamani a Mosca, in un vertice con esponenti dell’opposizione siriana, il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov ha annunciato un rinvio della conferenza alla fine del prossimo mese, criticando le Nazioni Unite per quella che ha definito una “passività inaccettabile”. Mentre sul terreno si registrano ancora 10 civili uccisi in bombardamenti turchi su postazioni jihadiste nella zona di Al-Bab, da New York l’Onu non ha confermato lo slittamento degli incontri in Svizzera: annunciate per la prossima settimana consultazioni al riguardo tra l'inviato speciale Staffan de Mistura e il Segretario generale Antonio Guterres. Il commento di Luciano Bozzo, docente di Relazioni internazionali all’università di Firenze, intervistato da Giada Aquilino:

R. – Mosca sta tentando di mettere in pagamento, e quindi di ottenere, i vantaggi sperati dall’intervento ormai prolungato sul teatro siriano, approfittando dell’incertezza o addirittura dell’assenza di iniziativa – intendo negli ultimi anni – di altri attori di livello globale, a cominciare dagli Stati Uniti. La divergenza di opinioni, se non il contrasto con la posizione delle Nazioni Unite, ovviamente è frutto di questa situazione e rende il problema abbastanza fluido, al momento. La Federazione Russa vuole assumere il ruolo non soltanto di attore partecipe, presente nel conflitto, ma anche di grande mediatore in modo poi da poter giocare un ruolo di primo piano nel riassetto dell’area mediorientale, che inevitabilmente seguirebbe ad un’eventuale fine - che non mi pare probabile in tempi brevi - del conflitto armato in Siria.

D. – In questa direzione vanno le dichiarazioni di Lavrov, che ha parlato di “passività inaccettabile” delle Nazioni Unite?

R. – Accusando le Nazioni Unite di passività, la Russia si accredita appunto quale grande mediatore, quale foro ospite delle parti, in vista di un accordo negoziato sulla Siria. Le Nazioni Unite sono state prontamente tenute al margine; lo stesso Staffan de Mistura più di una volta si è lamentato di questa condizione in cui forzatamente si sono venuti a trovare i mediatori dell’Onu.

D. – Nei giorni scorsi, la Russia aveva fatto circolare una bozza di Costituzione siriana con l’eliminazione della parola “araba” dalla denominazione di “Repubblica siriana”. I curdi ne hanno presentata un’altra, che prevede uno Stato federale. Quale potrebbe essere la via?

R. – La via dello Stato federale in una situazione come quella siriana potrebbe apparire preferibile, semplicemente perché nel Paese sono presenti comunità diverse – sunniti, alawiti, curdi, per rimanere alle maggiori e a quelle più note – e, in considerazione delle divisioni createsi e approfonditesi terribilmente durante questi anni di guerra civile, penso che un qualsiasi assetto minimamente stabile futuro della Siria non potrà prescindere dal riconoscimento delle autonomie e dei diritti di queste componenti etniche. Resta da vedere se un assetto di questo genere sia accettabile dai siriani e soprattutto dagli attori esterni coinvolti: sto pensando in particolare alla Turchia, sto pensando agli alawiti, che sono una minoranza numericamente relativamente assai poco consistente nel Paese ma che in Siria hanno storicamente giocato, i questi ultimi decenni, un ruolo politico molto importante: hanno mantenuto un’egemonia politica sul Paese e gli Assad sono evidentemente espressione di quella comunità. Allora, un progetto di Costituzione federale dello Stato penso che si scontrerebbe contro questo tipo di resistenze. D’altra parte, abbiamo alle spalle l’esperienza irachena, in cui un assetto federale è stato realizzato, ma ha immediatamente scatenato la reazione dei sunniti nei confronti degli sciiti poiché i sunniti erano abituati a mantenere la leadership, l’egemonia politica in quel Paese.








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