2017-01-28 15:05:00

Preoccupazione dell'Onu per le scelte di Trump sui rifugiati


“I bisogni dei rifugiati e dei migranti in tutto il mondo non sono mai stati così grandi e il programma di reinsediamento negli Stati Uniti è uno dei più importanti al mondo”. E’ così che le Nazioni Unite, per voce dell’Alto commissariato per i rifugiati (Acnur) e dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), agenzia collegata, esprimono i loro timori legati alle decisioni del presidente Trump di voler sospendere, per tre mesi, il programma di accoglienza dei rifugiati nel Paese. L'augurio è che non venga interrotta la tradizione americana di “proteggere coloro che fuggono da conflitti e persecuzioni”. Francesca Sabatinelli ha intervistato Federico Fossi, dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati: 

R. – Gli Stati Uniti hanno una tradizione ormai lunghissima di vecchia data di accoglienza dei rifugiati e di contributo al loro reinsediamento, un programma molto importante dell’Acnur, che consiste in quelle che noi chiamiamo soluzioni durevoli per i rifugiati, si tratta cioè della terza soluzione, laddove non sia possibile il ritorno nel Paese di origine o l’asilo sicuro in un Paese terzo. Il reinsediamento vuol dire la possibilità, dopo aver passato controlli molto accurati, di essere trasferiti in un Paese terzo e usufruire di programmi di integrazione, proprio per ricominciare una vita in questi Paesi. Gli Stati mettono a disposizione delle quote e gli Stati Uniti da sempre sono il Paese più generoso per la messa a disposizione di queste quote, insieme a Canada, Australia, Nuova Zelanda e i Paesi del Nord Europa. E’ ovvio, quindi, che questa chiusura sia molto preoccupante, perché impedirà a molti rifugiati di trovare sicurezza e protezione negli Stati Uniti.

D. – Trump ha di fatto già dimezzato il numero degli ingressi …

R. – Sì, questo è l’annuncio, adesso bisogna vedere che cosa succede. Come Acnur noi restiamo, chiaramente, impegnati a collaborare con l’amministrazione degli Stati Uniti per fare in modo che i programmi di reinsediamento e di immigrazione negli Stati Uniti siano sicuri e protetti e continuino a essere garantiti per i rifugiati.

D. – Nel caso la politica statunitense dovesse confermare dichiarazioni della campagna elettorale, che si pensava sarebbero rimaste parole e che invece stanno prendendo forma, questo che cosa comporterà e in che modo voi interverrete?

R. – Sicuramente continuando a impegnarci in maniera attiva e costruttiva con il governo degli Stati Uniti, così come l’Acnur ha fatto per decenni, per proteggere chi fugge da guerre e persecuzioni, questo è il nostro obiettivo: dare sostegno al Paese in materia di asilo e immigrazione. Che cosa succederà? Ovviamente, se dovesse esserci la conferma, centinaia di migliaia di persone rimarrebbero senza protezione, sarebbero a rischio. Voglio sottolineare che si tratta di dare un futuro alle persone tra le più vulnerabili nel mondo, il programma di reinsediamento, inoltre, ha creato, in passato e fino ad oggi, una situazione di doppio beneficio: per i rifugiati che usufruiscono di questo programma, ma dando anche un contributo alle società che li ospitano, che spesso è molto positivo, un contributo in termini di competenze portate al Paese ospitante, un arricchimento del tessuto sociale ed economico. Ci sono storie, soprattutto negli Stati Uniti, nei decenni passati, di contributi fondamentali di persone che erano in fuga dal proprio Paese. Quindi, è importante che questo programma non sia minato da decisioni che sono chiaramente decisioni di chiusura. Un’altra cosa importante che voglio sottolineare è che i rifugiati, e questo è proprio un caposaldo del lavoro dell’Acnur e della Convenzione di Ginevra, devono poter ricevere parità di trattamento in termini di protezione, di assistenza e – come dicevo – di opportunità per il reinsediamento in Paesi terzi, a prescindere dalla loro religione, nazionalità o razza.

D. – E’ chiaro che quello che si va delineando sempre più è l’equazione: rifugiati più accoglienza, uguale rischio terrorismo …

R. – Sì, in realtà il programma di reinsediamento nei Paesi terzi che – cito un dato del 2015 – ha visto reinsediati oltre 115 mila rifugiati nel mondo, è un programma che presuppone tutta una serie di misure di sicurezza molto rigide. Le quote che vengono messe a disposizione degli Stati poi subiscono una serie di accertamenti e controlli, rispetto alle persone che vengono selezionate dall’Acnur come bisogno di reinsediamento. Passano periodi lunghissimi prima che effettivamente la persona venga reinsediata in uno Stato terzo, si arriva anche a un paio d’anni! Questo vuol dire che i controlli sono accuratissimi, che si tratta di vie legali per trasferire – appunto – rifugiati in altri Paesi e questo è di per sé una garanzia di sicurezza.








All the contents on this site are copyrighted ©.