2017-01-29 09:00:00

Il Papa nella Giornata contro la lebbra: più cure, meno esclusione


Nel dopo Angelus il Papa ha ricordato che questa domenica si celebra la 64.ma Giornata Mondiale dei Malati di Lebbra. “Questa malattia, pur essendo in regresso, è ancora tra le più temute e colpisce i più poveri ed emarginati – ha sottolineato Francesco –. È importante lottare contro questo morbo, ma anche contro le discriminazioni che esso genera. Il Santo Padre infine incoraggia e prega per quanti sono impegnati nel soccorso e nel reinserimento sociale delle persone colpite dal Morbo di Hansen. Sulla gravità di questa patologia, che ancora oggi colpisce circa 200 mila persone all’anno, Giulia Angelucci ha intervistato Anna Maria Pisano, presidente dell’Aifo, l'Associazione Italiana Amici di Raoul Follereau:

R. – In Italia la Giornata mondiale della lebbra si festeggia ricordando anche che questo è il 40.mo anniversario della morte di Follereau, avvenuta nel 1977, giornalista e scrittore che ha combattuto per fondare proprio questa Giornata. Noi abbiamo preparato dei manifesti che ricordino ancora una volta che la lebbra esiste e soprattutto che ci sono ancora tanti malati e che è facilissimo curarli. Basterebbe darsi un po’ da fare perché fossero curati senza rimanere disabili. In questa Giornata noi offriamo il miele della solidarietà che ormai è diventato il simbolo di questo evento. E’ ora che la lebbra non solo finisca, ma soprattutto che finisca rimanendo una malattia come le altre, una malattia senza emarginazioni.

D. – Nel mondo, ogni due minuti una persona è colpita dalla lebbra: come è possibile fermare tutto questo?

R. – Quest’anno abbiamo battuto molto su questo. Sono le cifre ufficiali, perché in realtà la lebbra è stata sempre una malattia nascosta; quindi tantissime persone non si fanno curare per paura di essere emarginate. E' soprattutto una malattia dei Paesi poveri. Una persona dei Paesi poveri non si muove perché ha una macchia sconosciuta che non le fa male; è ovvio che si muove quando ha dolori, cerca di trovare i pochi presidi sanitari che possono esserci nella sua area. Cerchiamo di richiamare l’attenzione degli organismi internazionali e degli Stati sul fatto che la lebbra non si può curare aspettando che il paziente venga in ospedale, perché verrà tardi. Quindi bisogna ricominciare a sensibilizzare a livello di villaggi, a livello di società, a livello di gruppi.

D. – Una malattia che per la gran parte dell’opinione pubblica è scomparsa …

R. – Il problema della malattia è proprio questo: che non viene considerata una semplice malattia; viene considerata un disonore, una maledizione in tanti Paesi … Nel convegno che si è tenuto a giugno in Vaticano organizzato dalla Fondazione Buon Samaritano e da una Fondazione giapponese, si diceva questo: ci vogliono i tre zeri che noi stiamo portando avanti. "Zero disabilità", perché ce n’è ancora tanta: in certi posti, il 22 per cento delle persone arriva già disabile e soprattutto tanti bambini arrivano già disabili. "Zero emarginazione" e "Zero leggi che ancora separano il bambino dalla madre", che in alcuni Paesi sono legate all’emarginazione antica di quando la lebbra era davvero considerata una maledizione.

D. – Cosa si fa per la prevenzione della lebbra, e quali sono le forze in campo per combatterla?

R. – I nuovi malati di lebbra sono ufficialmente 210 mila, ma in realtà sono almeno il doppio, perché in tanti Paesi non si fa neanche ricerca, non si può fare perché magari c’è la guerra, insomma, per tanti motivi. Cerchiamo di fare prevenzione sia a livello di formazione dappertutto sia a livello degli Stati perché noi lavoriamo sempre, nei Paesi dove andiamo, con gli Stati, con le organizzazioni locali, con le Chiese, con le missioni, ovviamente e prima di tutto. Adesso purtroppo quelli che lavorano soprattutto per la lebbra sono proprio le associazioni Follereau e le missioni. E’ una malattia che ha un tempo di incubazione lunghissimo, fino a 20 anni. Sembra che sia sparita, ma in realtà può riapparire. Per la prima volta si sono denunciati 18 casi in Europa. Follereau diceva che non si può solo curare un malato di lebbra, è inutile curarlo se poi viene emarginato dalla società.








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