2017-02-01 13:56:00

Filippine. Chiesa e Amnesty contro guerra della polizia ai poveri


Lo ha denunciato la Chiesa locale, lo denuncia anche Amnesty International: nelle Filippine è in atto una guerra della polizia ai poveri. A sette mesi dall’elezione del Presidente Duterte, che aveva promesso di combattere narcotraffico e delinquenza, sono almeno 7mila gli omicidi extragiudiziali, di cui 2500 legati alla repressione delle forze dell’ordine. Amnesty sottolinea in un rapporto che si tratta di una guerra dello Stato ai poveri e non alla droga. Ascoltiamo in proposito Fabio Affatato, esperto di Sud est asiatico, al microfono di Giulia Angelucci:

R. – Il rapporto di Amnesty International fotografa un fenomeno che già da alcuni mesi ha allarmato la società civile nelle Filippine, ma anche molte organizzazioni  e istituzioni internazionali, le Nazioni Unite e la comunità internazionale. Si tratta di questa lunga scia di esecuzioni extra giudiziali che si registrano nel Paese a ritmo di mille ogni mese; siamo a circa settemila vittime di omicidi per presunti motivi di droga. Questa campagna è stata lanciata dal Presidente Rodrigo Duterte per una lotta senza quartiere al fenomeno dello spaccio, del traffico della droga. Il problema riguarda le modalità con le quali la polizia - in questo caso la maggiore imputata - sta conducendo questa campagna. Si tratta infatti di violazioni belle e buone del diritto costituzionalmente sancito di avere un giusto processo; si tratta di flagranti violazioni dello Stato di diritto che vengono compiute o dagli stessi agenti di polizia o da sicari, da bande di cosiddetti “vigilantes”, che vengono assoldati dalla stessa polizia. Quindi è una crisi veramente profonda, di fronte alla quale molte voci si sono alzate.

D. - Un crimine contro l’umanità a tutti gli effetti. Come è possibile fermare tutto ciò?

R. - Queste vittime sono soprattutto persone meno abbienti, persone povere, che non appartengono a famiglie o a clan che possono permettersi una difesa o persone provenienti da Paesi esteri. L’azione non può essere che politica per fermare questo fenomeno che coinvolge profondamente le istituzioni dello Stato. La polizia continua a perpetrare uccisioni, a neutralizzare questi presunti criminali anche per motivi economici. Si parla di una sorta di “racket delle uccisioni”, ovvero ogni agente viene retribuito di una data somma a seconda del numero di persone che uccide. Si chiede al Presidente Duterte di cambiare questo approccio, di rivedere questa politica o quanto meno di condurre qualsiasi lotta contro la criminalità con modalità che rispettino la dignità di ogni uomo e naturalmente i diritti fondamentali sanciti dalla Costituzione. È un fenomeno che sta sconvolgendo il Paese a livello capillare, politico, sociale e religioso, perché anche la Chiesa cattolica già da alcuni mesi attraverso i suoi  rappresentanti, i vescovi, i sacerdoti, ha denunciato questa ondata di esecuzioni che davvero vanno a configurare dei crimini contro l’umanità. Si tratta di veri e propri omicidi di Stato; alcuni vescovi hanno parlato di una pena di morte di fatto. Qui è molto più grave, perché queste uccisioni, queste soppressioni di presunti criminali, anche solo di sospetti criminali, vengono compiute nella più totale impunità e nella più totale illegalità.

D. - Il ruolo della chiesa  missionaria nelle Filippine?

R. – Oggi, naturalmente, il ruolo della chiesa è prima di tutto quello di formare le coscienze, di denunciare un fenomeno preoccupante non solo per l’opinione pubblica, ma anche per la comunità internazionale e poi. dare delle proposte alternative. Per questo anche l’arcidiocesi di Manila ha da poco potenziato il suo impegno proprio per il recupero dei tossicodipendenti.

D. - Cosa si trovano a vivere gli abitanti delle Filippine?

R. - Le Filippine sono un Paese con un’economia in forte crescita; c’è ancora un forte gap tra un élite, una parte ristretta della società, e una parte sensibile della popolazione che magari si trova sotto la soglia di povertà. Manca ogni servizio sociale, mancano i servizi elementari, manca un’adeguata scolarizzazione per i bambini, … In tutto questo poi ci sono anche dei motivi di conflittualità nella società; ricordiamo che il governo ha aperto dei tavoli di trattativa sia con la ribellione di carattere comunista sia per quella concentrata nel Sud del Paese con una caratterizzazione religiosa, cioè islamica. 








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