2017-02-02 12:57:00

Mons. Di Tora: il Papa ci chiede di superare muri e chiusure


Anche con il videomessaggio per le intenzioni di preghiera per il mese di febbraio, Papa Francesco è tornato a sottolineare l'urgenza di accogliere i profughi e di mostrare solidarietà verso i poveri e gli esclusi. In particolare, il Papa ha messo l'accento sull'emarginazione che sempre più si vive nelle aree metropolitane. Alessandro Gisotti ne ha parlato con mons. Guerino Di Tora, vescovo ausiliare di Roma, a lungo direttore della Caritas diocesana:

R. – Il Papa ci riporta a questa attenzione particolare, direi proprio a questa peculiarità, che oggi dobbiamo esprimere nella nostra vita cristiana: il senso dell’accoglienza, il senso della prossimità; noi dobbiamo farci prossimi agli altri per sapere incontrare. Tante volte, al mattino ad esempio, nella metropolitana vediamo tantissima gente, ma ognuno è chiuso nel proprio individualismo. Allora, accogliere significa, anzitutto, una capacità che prima ancora come fatto esterno, bisogna avere nel proprio cuore questa relazionalità con l’altro, riconoscere l’altro come persona, come figlio di Dio.

D. - Nel videomessaggio, il Papa parla anche di torri. Evidentemente richiama anche una logica della "porta aperta" piuttosto che dei muri; muri non solo tra gli Stati, ma a volte, invisibili che sono dentro le nostre città …

R. - C’è una chiusura, prima ancora che materiale, psicologica. La chiusura parte dall’interno del cuore. Se io sono disinteressato all’altro, creerò dentro di me un muro, una barriera, che poi si potrà esprimere anche con un disinteresse o con un muro reale. Purtroppo ne abbiamo visti e sentiti di questi muri di filo spinato che nazioni stanno alzando per non accogliere l’altro, dimenticando probabilmente anche la propria storia, le proprie realtà originali. Occorre veramente un profondo ripensamento e questo si deve, a partire proprio dall’interno, dalla coscienza di ognuno di noi, di ogni cristiano.

D. - In qualche modo il Papa parla anche di una nuova geografia del cuore, della solidarietà che si opponga invece a quella che è la geografia delle nostre città; il centro, con negozi, centri commerciali e poi la periferia esclusa. Anche nella logica che dice Francesco si parte proprio dalle periferie …

R. - Il Papa, proprio dall’inizio del suo ministero, ha cominciato a parlare di periferie. Tutti ricordiamo che andò subito in una parrocchia della periferia del settore Nord di Roma. La periferia deve rappresentare l’attenzione, il riportare la centralità attraverso una relazionalità profonda con l’altro per fare in modo di ricongiungere, anche socialmente, queste realtà. C’è quindi una profonda divisione e dobbiamo ripararla, ricostruire non tanto geograficamente, ma prima attraverso la relazionalità. Penso che da questa relazionalità si possa più facilmente ricostruire anche questa sintonia tra periferia e centro, ricordando che è dalla periferia, dagli ultimi, che parte una realtà nuova, che parte la speranza e quel desiderio di ricominciare.








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