2017-02-03 13:19:00

Corte Penale Internazionale a rischio per l'uscita dell'Africa


La Corte penale internazionale rischia di vedere fortemente ridimensionata la sua operatività. Di recente i 55 Paesi dell’Unione Africana hanno progettato, in via ancora riservata, l’uscita in blocco dall’organismo di giustizia, istituito col Trattato di Roma del 1998 ed entrato in vigore nel 2002, per perseguire gli autori di crimini di guerra, contro l’umanità e genocidio. All’origine della decisione il supposto e presunto accanimento del Tribunale contro i governi africani. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Enrico Casale, esperto di Africa:

R. – Senza l’Africa, la Corte penale internazionale rischia di essere un tribunale depotenziato. I motivi sono legati al fatto che molti presidenti si sentono perseguitati dalla Corte, che in effetti ha aperto numerose indagini proprio contro presidenti e uomini politici africani. Questa può essere una giustificazione da parte dei politici dell’Africa; in realtà, molti di essi hanno molto da farsi perdonare. Pensiamo all’ex presidente del Gambia, che adesso è fuggito in Guinea, ma che aveva annunciato di uscire dalla Corte penale internazionale, perché temeva che il suo comportamento fosse penalmente rilevante. Quindi, ci sono molti capi di Stato che temono di essere perseguiti dalla Corte, anche perché – appunto –  l’organismo ha aperto numerose inchieste soprattutto contro presidenti africani.

D. – La Corte penale internazionale era un modo per creare un’amalgama ancora più forte di quanto potesse fare già l’Onu. In questo senso, come ricreare questa comunanza di valori?

R. – La Corte penale internazionale era, ed è, un tribunale nato per sopperire alle eventuali mancanze delle singole giurisdizioni nazionali oppure per intervenire laddove le singole giurisdizioni non arrivano. Quindi è un’istanza suprema che permette di perseguire soprattutto reati gravissimi, soprattutto in relazione alla violazione dei diritti umani. Il fatto che gran parte dei Paesi africani voglia uscire dalla Corte penale, la ridimensiona molto. Come ricreare una comunità di intenti nel campo della giustizia internazionale sarà molto, molto difficile, perché, per dar vita alla Corte penale ci sono voluti anni di lavori, che infine hanno portato al Trattato di Roma. Ricostruire lo stesso clima sarà complicato. E quindi, quale sarà il futuro della giustizia internazionale è difficile dirlo in questo momento. Il vero problema è che anche le grandi potenze, come la Russia e gli Stati Uniti, credono poco nella giurisdizione internazionale, tanto è vero che gli Stati Uniti non hanno mai ratificato il Trattato di Roma e la Russia ha più volte minacciato di volerne uscire.

D. – La decisione dell’Unione Africana è già operativa o ci saranno ulteriori passi da fare?

R. – L’Unione Africana ha delineato una sorta di strategia “a porte chiuse”: quindi non è ancora un qualcosa di ufficiale. Probabilmente ci saranno altri passi da compiere, perché, in blocco, tutti i Paesi dell’Unione Africana escano dalla Corte penale internazionale. Si spera che, nel frattempo, alcuni di questi Paesi ci ripensino e che possano mantenere la loro presenza all’interno della Corte. Lo stesso Gambia, per esempio, che con il vecchio presidente aveva annunciato di voler uscire, con il nuovo presidente ha dichiarato che vorrà mantenere il Paese all’interno della Corte penale internazionale. Si spera che anche Paesi importanti, come il Sudafrica e il Kenya, possano ripensare sulla loro decisione di voler uscire. 








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