2017-02-04 13:54:00

La Cei investe 9 milioni di euro in progetti per l'Africa


Africa, America Latina e Asia: sono i Paesi nei quali la Conferenza Episcopale Italiana investe i fondi dell’8 per mille. Si tratta di 119 progetti, per un totale di oltre 18 milioni di euro, che riguardano principalmente l’educazione e la sanità. Ce ne parla Benedetta Capelli:

Praticamente un giro del mondo nel segno della solidarietà. I fondi dell’8 per mille della Chiesa italiana sono da sempre destinati ad opere di bene in Paesi in difficoltà. In genere un terzo del totale è destinato al sostentamento del clero, un terzo per il culto, un terzo per la carità. Il Comitato per gli interventi caritativi a favore del Terzo Mondo della Cei, ogni anno, promuove dei progetti che vengono prima presentati, solitamente dalle diocesi, dalle ong, dalle associazioni di volontariato attive sul territorio, poi vagliati da attente commissioni con esperti del settore e infine approvati. Don Leonardo Di Mauro, direttore del Comitato per gli interventi caritativi a favore del Terzo Mondo della Cei:

“Il 50% dei nostri finanziamenti va all’Africa, che è il continente più povero sempre. Poi c’è un 20% all’America Latina; un 20% all’Asia; e il restante 10% si distribuisce tra il Medio Oriente, i Paesi dell’Est Europa: non tutti, solo nove, quelli che rientrano nella lista dell’Ocse. E poi qualche progetto in Oceania”.

I progetti solitamente sono legati all’educazione, alla sanità, all’agricoltura, all’artigianato e alla promozione sociale delle minoranze. Tra le varie iniziative anche una a Bangui, nella Repubblica Centrafricana, ormai nel cuore di Papa Francesco, e promosso dalla diocesi locale.

“Abbiamo progetti da qualche migliaio di euro fino a progetti che comportano un investimento di milioni. Per quanto riguarda l’Africa, abbiamo approvato un progetto che riguarda un reparto ortopedico e fisioterapico al Centro medico “Papa Giovanni Paolo II”, in Ghana. Poi, nel Centrafrica, abbiamo finanziato la costruzione di un Centro di cura psicosociale e d’igiene mentale. Poi abbiamo, nell’America Latina, un progetto di rafforzamento agricolo e di sicurezza alimentare per quindici comunità. E in Medio Oriente, in Kurdistan, abbiamo finanziato un progetto di aiuto umanitario alle comunità di sfollati in difficoltà. Poi, questa volta c’è anche il progetto dell’Oceania che riguarda la costruzione di un Centro professionale in Papua Nuova Guinea”.

Con il passare degli anni e l’aumento delle differenze tra ricchi e poveri, il mondo che chiede aiuto è un mondo fortemente impoverito dalle diseguaglianze sociali, sfruttato per il profitto di pochi: 

"È un mondo davvero povero, meglio ‘impoverito’. Dal nostro punto di vista, dalle richieste di aiuto possiamo dire che è una cosa che fa male, che fa soffrire, perché, forse con un impegno diverso, un’economia diversa, una visione diversa come quella che ci propone Papa Francesco nella ‘Laudato Si’’, forse le cose potrebbero andare diversamente”.








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