2017-02-06 14:40:00

Afghanistan: nel 2016 record di vittime


Per l' Afghanistan il 2016 è stato un anno tragico. Si parla di 11.418 vittime civili, 3% in più rispetto all'anno precedente. Addirittura il numero più alto dall'inizio del conflitto, dove a pagarne le spese sono stati soprattutto i bambini. Guerra, esplosivi e mine le cause di questo enorme numero di morti e feriti in Afghanistan. Per fare una lettura più approfondita di questo rapporto dal punto di vista geopolitico Giulia Angelucci ha intervistato Marco Maiolino, ricercatore di analisi internazionale dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano:

R. – Tuttora l’Afghanistan è caratterizzato da una forte instabilità diffusa; c’è un movimento talebano che continua comunque a operare e sviluppare  diversi attacchi, soprattutto nelle province di Elmand e Kandahar. Mesi fa la leadership del gruppo talebano è cambiata: a seguito dell’assassinio del precedente leader, è salito al potere Mullah Baitullah, il quale ha iniziato un grossissimo processo di rafforzamento dei ranghi talebani, che sembravano essere molto frammentati prima del suo arrivo, contro alcune milizie relative anche al Daesh che sembra avere sviluppato nel Paese Afghano una presenza tramite l’infiltrazione delle regioni che ho citato prima. Gli attacchi del gruppo talebano sono continuativi e soprattutto diretti verso obiettivi politici da una parte e della sicurezza e militari dall’altra. Le vittime civili purtroppo, derivano in maggioranza dagli scontri, dagli attacchi dei talebani e degli scontri di questi ultimi con le forze di sicurezza, ma anche e soprattutto dalle operazioni terroristiche sviluppate dalle fazioni che sono legate al Daesh che hanno obiettivi ben diversi; colpiscono soft target, colpiscono la componente sciita presente nel Paese e soprattutto attaccano i civili. La crisi attuale ha fatto sì che nuove truppe siano state stanziate in Afghanistan per supportare le forze di contro terrorismo dell’esercito regolare afghano.

D. - A partire dall’Afghanistan cosa sta cambiando nella geopolitica internazionale?

R. - L’Afghanistan è un Paese caratterizzato da instabilità diffusa; non è un elemento che si mantiene all’interno dei confini del Paese ma ha degli spillover su tutta la regione; lo vediamo, per esempio, in Pakistan dove il movimento talebano pakistano è molto attivo così come le milizie legate al Daesh, nonostante il governo del Paese smentisca la presenza di quest’ultimo. Abbiamo visto come nelle ultime due settimane anche la Russia si sia fatta avanti a livello di interesse geopolitico sull’ Afghanistan per quanto riguarda una serie di contatti diplomatici con il fronte talebano. L’interesse degli Stati Uniti di mantenere una presenza in un Paese estremamente instabile rimane così come per altre potenze come la Russia. Non possiamo dimenticare l’importanza che ha l’Afghanistan nel panorama regionale. Quindi tutta la regione potrebbe subire una destabilizzazione dovuta alla crisi presente nel Paese.

D. – L’Afghanistan quindi è un Paese dimenticato dal punto di vista mediatico, dell’informazione?

R. – Quando in Afghanistan è scoppiato il conflitto c’è stato l’intervento americano. Il Paese era sotto i riflettori mediatici, ma purtroppo l’attenzione dei media è focalizzato sul grande evento. Essendo una zona di conflitto, in cui comunque continua ad essere molto forte l’attività terroristica, si può registrare anche un aumento del numero di vittime, perché in ogni caso i talebani non colpiscono target sciiti.

D. – Quindi, una soluzione in questo senso …

R. – Servirebbe la stabilizzazione dell’intero contesto afghano, nel senso che oltre agli sforzi militari, dovrebbe essere organizzato un tavolo a livello diplomatico che prenda in considerazione anche la presenza del fronte insurrezionale talebano per riuscire a risolvere la situazione, a creare quanto meno un cessate il fuoco e cercare di stabilizzare tutta l’area, per mettere fine alla continua morte di civili. Oltre agli interventi militari del breve periodo di contro terrorismo è necessario applicare comunque una visione di medio, lungo periodo a livello politico con un buon piano di stabilizzazione del contesto.








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