2017-02-09 16:55:00

Papa a La Civiltà Cattolica: navigate in mare aperto


"E' stato per noi un discorso storico. Il Papa ci ha ricordato che il viaggio che viviamo da 167 anni dobbiamo continuarlo con coraggio e in mare aperto. Ci ha invitato ad andare al largo, dove s'incontrano tempeste e venti contrari, ma dove siamo sempre in compagnia del Signore. E poi ci ha ricordato che non siamo soli, ma sulla Barca di Pietro. E queste parole, a noi che svolgiamo questo servizio umile e nascosto per coniugare la grande cultura con la divulgazione, ci hanno dato molta gioia". P. Francesco Occhetta sj, scrittore del Collegio de "La Civiltà Cattolica", commenta il discorso che il Papa ha rivolto a questa comunità in occasione del numero 4000 dei quaderni della rivista culturale dei gesuiti.

Lavoratori e non intellettuali

"Francesco ci ha invitato a essere rematori esperti e valorosi, ricordandoci che, anche dentro le contraddizioni, c'è una vita fatta di tante riflessioni e passione. Ci ha chiesto soprattutto di considerarci, come facevano i nostri padri, lavoratori e non intellettuali. Ha rinnovato la fedeltà che i Pontefici hanno avuto verso la nostra rivista: il nostro voto di gesuiti è quello di avere una speciale obbedienza nei confronti del Papa, Francesco ci ha ribadito questo legame e noi volentieri questa missione la vivremo fino in fondo".

Tre parole e tre patroni

Il Papa poi ci ha consegnato tre parole: inquietudine, incompletezza e immaginazione. Ci ha chiesto di essere inquieti com'è stato padre Favre. Di conservare nel nostro cuore quell'inquietudine che vive di ricerca e non di soluzioni. E poi a praticare l'incompletezza alla maniera di padre Ricci che, pensando al Mappamondo, aprì un nuovo mondo alla grande Cina. E ci ha chiesto infine di essere uomini di immaginazione, come padre Pozzo, che da muri storti ha saputo creare magnifiche prospettive".

Non cosa da sacrestia

"Infine Francesco - citando il nostro fondatore, padre Curci - ci ha ricordato che dobbiamo essere una rivista cattolica, ma non una 'cosa da sagrestia'. In effetti, p. Curci diceva che cattolico significa ricomporre in una dimensione universale le cose e le relazioni e i flussi culturali che si muovono nel tempo. Una dimensione culturale non chiusa, non normativa, non impositiva. Una cattolicità che feconda come il lievito, entra nei processi della storia e scopre negli uomini di buona volontà che vanno oltre la Chiesa quei segni di Dio che entra nella storia, e questo lo diceva già Ignazio di Loyola nel '500".








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