2017-02-10 13:34:00

Adozioni internazionali: lunghe attese per le famiglie adottive


Convocare al più presto la Cai, la Commissione Adozioni  Internazionali per dare una risposta a tutte quelle famiglie in attesa di adozione e ripristinare un sistema virtuoso basato sulla reciproca collaborazione tra pubblico e privato. E’ questa la richiesta del comitato di famiglie adottive "Family for Children", lanciata in un incontro che si è svolto ieri al Senato.  Ascoltiamo il servizio di Marina Tomarro:

"Ci rivolgiamo al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, perché rimetta in moto la macchina della Cai, la Commissione Adozioni  Internazionali affinchè finalmente, possa tornare ad adempiere quei compiti di vigilanza su tutti gli enti". E' un appello accorato quello lanciato dal  comitato di famiglie adottive "Family for Children" che da anni attendono di poter accogliere un bambino nelle loro case. E la mancanza di risposte di questa commissione alle coppie in attesa dell’adozione diventa un silenzio che non può più essere accettato anche da chi ci fa parte, come ci spiega uno dei commissari della Cai Simone Pillon:

R. – Noi siamo passati da oltre 4mila adozioni internazionali a poco più di 2mila per il 2015; addirittura forse siamo sotto le 2mila per il 2016: il dato ancora non è stato reso noto. La situazione è drammatica: si tratta di bambini che potrebbero già stare in Italia con una famiglia che li accoglie e gli vuole bene, e invece ancora stanno negli orfanotrofi del Terzo Mondo. Questo ha delle ragioni, e delle ragioni molto chiare, che consistono nel sostanziale blocco della Commissione per le Adozioni Internazionali. Sono tre anni che la Commissione non viene riunita, nonostante io personalmente, come commissario, abbia fatto ben due richieste formali di riunione. La riunione non viene effettuata, e tutte le decisioni assunte in questi tre anni sono decisioni invalide, perché la norma stabilisce che il lavoro della Commissione sia collegiale, e che ogni decisione debba essere ratificata alla prima riunione utile. Siamo di fronte a tutto questo: le istituzioni non si muovono; abbiamo cercato anche di conferire con la presidenza del Consiglio, ma non c’è stato nessun riscontro e io come commissario non posso più tacere di fronte a questo silenzio.

Ogni anno sono circa 10mila le domande di adozione che arrivano, di queste solo 2.000 vanno a buon fine. Ma spesso molti aspiranti genitori pur risultando idonei vedono la speranza di adozione rimanere bloccata in lunghi e tortuosi percorsi burocratici. E questa attesa logora il sogno di un figlio, come ci raccontano Anna Comi e Giovanni Verduci, una coppia di Reggio Calabria rappresentati del comitato "Family for Children" :

(marito)
R. – Il nostro comitato è nato spontaneamente da pochi mesi, perché ha scelto di rompere il muro di silenzio che circondava la nostra vicenda, che poi abbiamo scoperto essere uguale a quella di tante altre famiglie in giro per l’Italia che stanno condividendo con noi i ritardi insopportabili verso la conclusione del nostro iter adottivo. Noi, nel 2011, abbiamo ottenuto il decreto di idoneità da parte del tribunale per i minori. Immediatamente dopo, abbiamo aperto la nostra pratica per avviare l’iter adottivo. Da allora ad oggi, non abbiamo avuto nessuna risposta. Da poco abbiamo scelto di revocare il mandato al nostro ente, di presentare un esposto in Procura, affinché la magistratura faccia luce su quanto sta accadendo ed è accaduto a noi, e su quanto sta accadendo a tante altre famiglie in giro per l’Italia che si sono riunite dentro il comitato ‘Family for Children’.

D. – Cosa significa quest’attesa continua e così prolungata e dolorosa?

(moglie)
R. –Ti accorgi, man mano che passa il tempo, che quest’attesa è un’attesa vana. Rimani amareggiato, perché hai seguito l’unica strada che ti impone lo Stato, e poi lo Stato ti abbandona, non ti risponde. Per cui l’amarezza è doppia, non solo per un’adozione non avvenuta, ma anche per come non è avvenuta l’adozione.

D. – Vi siete confrontati anche con altre famiglie che hanno avuto la vostra esperienza. Ecco, allora quali sono anche le loro reazioni al riguardo?

(marito)
R. – È una battaglia emotiva, perché è l’attesa che diventa snervante. La mancanza di risposte da parte del nostro interlocutore, anzi di qualsiasi interlocutore, al quale abbiamo scelto di rivolgerci, a partire dal nostro ente, per passare alla Commissione per le Adozioni Internazionali, e finire al mondo politico, che è una componente importante di questo sistema. Va a scontarsi con tutto quello che è la tua vita, con i lutti che magari possono segnare la tua esistenza, con i problemi familiari, nel mondo del lavoro… Non è semplice. Durante questo difficile percorso dell’iter adottivo molte famiglie si sono spezzate, perché non riuscivano più a sopportare il peso di quest’attesa, che è un’attesa silente.

D. – Qual è la speranza che porta avanti ancora questa attesa?

(moglie)
R. – La nostra speranza è che cambino le cose, che cambino per tutto il mondo delle adozioni. Che ci sia più trasparenza nelle pratiche; che venga restituita la giusta dignità alle famiglie adottive. Le famiglie adottive devono essere considerate una risorsa, perché sono una risorsa per i bambini che non hanno una famiglia. Quindi al centro del sistema adottivo bisogna mettere il diritto dei bambini e poi sostenere le famiglie.








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