2017-02-10 10:50:00

Spadaro: il Papa ci esorta a essere aperti e liberi in dialogo col mondo


Inquietudine, incompletezza, immaginazione. Il discorso di Papa Francesco, rivolto ieri alla comunità di Civiltà Cattolica, è ruotato attorno questi tre punti. Un discorso ampio che ha sottolineato l’importanza del numero 4000 della rivista dei gesuiti, fondata 167 anni fa che vede ora la nascita di nuove edizioni in inglese, spagnolo, francese e coreano. Alessandro Gisotti ha chiesto al direttore di Civiltà Cattolica, padre Antonio Spadaro, di soffermarsi sui contenuti più forti del discorso del Papa:

R. – Non è stato un discorso d’occasione. Il Papa ha messo il suo cuore in questo discorso, anche nel modo in cui ha sottolineato alcune parole e alcune espressioni; e poi l’apertura della sua missione: in fondo il Papa ci mette lui in mare aperto, ribadendo il legame profondo tra la rivista e il Pontificato. E questo legame, in realtà, è il legame tradizionale che la rivista ha con i Papi a partire da Pio IX, che in fondo è il fondatore di questa rivista, con padre Curci, gesuita, che nel 1850 appunto diede vita a questo periodico che è il più antico d’Italia. Quindi è una grande missione, di grande apertura: una prospettiva per il futuro.

D. – Il Papa ha chiesto anche un recupero della genialità del pensiero della Chiesa. Questa è una sfida grande: come si può rispondere?

R. – Ecco, questo è esattamente uno dei passaggi che il Papa ha sottolineato con maggiore forza. In fondo lui ha detto che per scrivere qualcosa di significativo oggi, bisogna penetrare l’ambiguità del momento ed entrarci assumendo il momento presente: cioè assumendo le grandi sfide che oggi il mondo pone, sfide inedite ma anche molto complesse; un mondo che sta costruendo muri dappertutto. Allora, per far questo, bisogna avere un pensiero flessibile, non rigido, con una grande capacità di ascolto, libertà interiore, anche – se vogliamo – senso dell’umorismo e una mancanza di desiderio di rigidità; questa è la cosa fondamentale: per essere geniali bisogna essere aperti.

D. – Ovviamente il discorso era rivolto alla comunità di Civiltà Cattolica, però Francesco è sembrato tracciare proprio un orizzonte ampio, per l’impegno culturale dei cattolici, se vogliamo anche al di là dell’impegno della vostra rivista. Cosa ne pensa?

R. – Ha detto chiaramente che Civiltà Cattolica deve essere una rivista cattolica, il che non significa difendere le idee cattoliche, come se il cattolicesimo fosse una filosofia, ma guardare gli eventi, le vicende, con gli occhi di Cristo. In modo particolare, il Papa ha fatto riferimento alle grandi sfide della geopolitica, parlando anche del fenomeno migratorio come il fenomeno politico centrale dei nostri tempi: quindi un desiderio di essere aperti alle grandi sfide. Una rivista che è cattolica perché è capace di comporsi con ogni cosa umana.

D. – Il numero 4000 della rivista, che è stata l’occasione più diretta di questa udienza con Papa Francesco è accompagnato da tante iniziative, e soprattutto da edizioni nuove linguistiche; Papa Francesco stesso nel discorso ha sottolineato questo modo di essere sempre più – appunto – universale della rivista. Ieri è stata inaugurata l’edizione spagnola di Civiltà Cattolica, e seguiranno altre iniziative. Che significato ha questo? Il Papa ricordava che già dai tempi del Concilio si chiedevano edizioni linguistiche e adesso ciò si realizza…

R. – Sì, in effetti è da molto tempo che si parla di edizioni linguistiche, anche se non sono mai state realizzate. Questo perché in fondo c’è una vocazione universale della rivista. Questo è stato sempre sottolineato nel passato. Ho trovato anche nel nostro archivio dei testi degli appunti di padre Tucci, all’epoca direttore, poi cardinale, che sosteneva la natura, la vocazione universale della rivista. Il significato è abbastanza chiaro per noi: cioè noi non vogliamo colonizzare con un nostro prodotto altre lingue o altri territori. No, al contrario. Ormai da due, tre anni Civiltà Cattolica pubblica sempre più spesso articoli di gesuiti di altre nazioni, quindi scritti originariamente in altre lingue. Vogliamo incrementare questa via che abbiamo aperto e vogliamo che poi la rivista sia ponte: cioè che, attraverso la rivista, questo pensiero, che arriva da varie parti del mondo, possa essere tradotto nelle varie lingue. Quindi, in realtà è un desiderio di ascolto; è un desiderio di ascoltare ciò che autori, specialisti, gesuiti di varie nazioni dicono e di accogliere il loro pensiero e ritradurlo nelle varie lingue.








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