2017-02-15 07:55:00

Nel segno dei padri. La storia di Guglielmina e Peter


Nell’orrore della Seconda guerra mondiale la luce del perdono e della riconciliazione. E’ la sfida e testimonianza del libro “Nel segno dei padri. La storia di Guglielmina e Peter”, scritto dal giornalista Giacomo Marinelli Andreoli, direttore del network radiotelevisivo TRG. Il testo, edito da Marsilio, racconta l’incontro di due orfani, un tedesco ed un’italiana, legati dal tragico destino dei padri. Massimiliano Menichetti ha intervistato lo stesso Giacomo Marinelli Andreoli:

R. – Proprio nelle settimane in cui avveniva la liberazione nei territori dell’Umbria, a Gubbio avvenne l’eccidio che purtroppo ha macchiato tutta la regione; il più grave: 40 civili vennero fucilati dalle truppe naziste. E questo per rappresaglia nei confronti dell’uccisione di un ufficiale medico della Wehrmacht in un bar cittadino, avvenuta il 20 giugno 1944 da parte di un gruppo di giovani eugubini legati ai Gap locali; questo è l’antefatto. La storia di Guglielmina e Peter si inserisce in questo ambito perché, dopo 60 anni, Guglielmina, la figlia di uno dei 40 civili uccisi – detti martiri - e il figlio del militare tedesco ucciso nel bar, Peter Staudacher, si conoscono.

D. – Come avviene questo incontro che sarà tutto nel segno del perdono e della riconciliazione?

R. – Si conoscono in maniera del tutto casuale, perché Peter venne a Gubbio da semplice turista. Non conosce la vicenda dei “40 martiri”, perché ha vissuto in Germania dell’Est, e dunque la cortina di ferro, insieme al silenzio familiare sulla vicenda, in qualche modo gli ha impedito di sapere nei dettagli le conseguenze della morte del padre. Sapeva semplicemente che a Gubbio era morto suo padre. Nel 2003 scoprì casualmente, da un’iscrizione l’esistenza di questa rappresaglia; e al mausoleo di Gubbio (n.d.r.) ebbe la certezza di questa cruda realtà che lo colpì profondamente, tanto da lasciare una breve iscrizione nel libro delle presenze.

D. – Questo ci porta a chi lesse quella scritta?

R. – Quella scritta venne letta qualche ora dopo da Guglielmina Roncigli, la figlia di uno dei “40 martiri” che in quel momento era presidente dell’Associazione “Famiglie dei 40 martiri”. Da qui nasce la ricerca di Guglielmina, che nel giro di qualche settimana riesce a rintracciare l’indirizzo di Peter. Gli scrive, e inizia quest’amicizia epistolare che durerà otto anni, perché purtroppo dopo otto anni Guglielmina si spegne improvvisamente per un male che la colpisce.

D. – Avevi già seguito la vicenda. Guglielmina lascia a te le sue lettere e quelle di Peter. Quanti anni avevano i due quando si conoscono?

R. – Entrambi sono del 1943. Si conoscono a 60 anni e si incontrano una sola volta nella vita: a Pomezia, nel cimitero militare tedesco, in occasione delle celebrazioni per la battaglia di Monte Cassino, nel maggio del 2004.

D. – Sono entrambi orfani: cosa si dicono nelle lettere?

R. – La frase che ho scelto proprio per la quarta di copertina è un passaggio della lettera di Peter, che ripensando a quell’incontro di Pomezia dice: “Rivedo in quella foto - perché c’è un’unica foto di quest’incontro -  sembriamo due bambini che si sono persi in tenera età ma che si sono ritrovati, invecchiati, a distanza di tempo per riconciliarsi, anche se non hanno commesso nulla che meriti una riconciliazione”. Entrambi vogliono cercare di uscire dal silenzio e guardare avanti, soprattutto con un messaggio per i più giovani, per far capire che la guerra, comunque, è una sconfitta.

D. – Il tuo libro dà un messaggio di forte attualità, riflesso anche nel sogno che hanno Peter e Guglielmina una volta che si sono ritrovati…

R. – Parlavano di progetti rivolti ai giovani, agli studenti, che potessero sviluppare iniziative di sensibilizzazione verso la pace; verso un modo di intendere la vita che non fosse conflittuale, ma che, partendo ognuno dal proprio piccolo, potesse superare le barriere e i muri che spesso sono fisici - ma non ci sono solo quelli… - che condizionano anche la nostra quotidianità.

D. – In questo, loro sono i primi testimoni…

R. – Sia Peter sia Guglielmina potrebbero entrambi ignorarsi. E invece entrambi decidono di proseguire su questa strada che non sanno dove li porterà. Questo rappresenta l’incontrare l’altro, il conoscere il punto di vista di chi magari sta dall’altra parte della nostra barricata, che spesso, anche se invisibile, c’è; e capire che il punto di vista dell’altro è vicino al nostro, molto più di quanto noi pensiamo.








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