2017-02-15 14:22:00

Mons. Perego vescovo a Ferrara: "Poveri come scelta preferenziale"


Il Papa ha nominato mons. Giancarlo Perego nuovo arcivescovo di Ferrara-Comacchio: succede a mons. Luigi Negri. Mons. Perego, nato in provincia di Cremona 56 anni fa, dal 2009 è stato direttore generale della Fondazione Migrantes della Conferenza episcopale italiana. Francesca Sabatinelli:

Il suo nome è stato sempre legato all’impegno per l’affermazione della centralità della persona, in tutte le sue dimensioni: è quello che sottolinea la Fondazione Migrantes nel ricordare che mons. Perego è stato in questi anni al fianco di immigrati, rifugiati, richiedenti asilo, rom, sinti e camminanti, circensi, lunaparkisti, gente dello spettacolo viaggiante e italiani residenti all'estero. L’impegno di mons. Perego si è declinato nell’attenzione e nella strenue difesa di coloro che la società odierna mette nella condizione di essere ultimi. Un incarico pieno di significato quello che ora assumerà alla guida della arcidiocesi di Ferrara-Comacchio, un impegno che certamente - come sottolinea il presidente della commissione Cei per le migrazioni mons. Guerino Di Tora - il nuovo arcivescovo porterà avanti "con disponibilità, senso di responsabilità, lungimiranza nell'interpretare e rispondere alle reali situazioni del momento". Ascoltiamo lo stesso mons. Giancarlo Perego:

R. – Certamente, diventare vescovo di una Chiesa è sempre un’emozione importante, anche per il servizio a cui si è chiamati. Il mio primo pensiero è andato a tutte quelle persone che mi hanno accompagnato in questi anni, da quando sono entrato in seminario in prima media, fino ad oggi. Un vescovo è il frutto di una Chiesa-madre che lo genera e io sono riconoscente alla mia Chiesa di Cremona che mi ha accompagnato, ha accompagnato il mio discernimento, mi ha alzato nelle mie debolezze. E sono riconoscente anche al Papa, che ha voluto guardare a me per la bella Chiesa di Ferrara, una Chiesa che vive le stesse gioie e le stesse speranze, le stesse tristezze, le stesse angosce di tutte le Chiese oggi, in Italia e nel mondo. Leggo dentro questa nomina del Papa certamente la continuità, e per me diventerà anche un impegno, di una scelta preferenziale per i poveri, come uno dei segni importanti di ogni Chiesa, di ogni comunità. Ripartire dagli ultimi è certamente nel cammino dell’evangelizzazione, della nuova evangelizzazione di oggi, uno degli aspetti più importanti, con la ricchezza storica, culturale, di persone, di relazioni che ogni Chiesa, in maniera diversa, regala a chi ne diventa pastore.

D. – Lei dal 2009 è stato direttore generale della Fondazione Migrantes della Cei. Dal 2009 è stato forte il suo impegno accanto a quegli ultimi di cui ci parlava, gli ultimi nelle persone soprattutto dei migranti. Sono stati anni molto importanti, anni anche di grandi sofferenze, anche per come l’Italia e l’Europa tutta, e ricordiamo i suoi tanti appelli, hanno affrontato la questione dei migranti …

R. – Sono stati anni certamente difficili per i migranti questi, al tempo stesso, però, sono stati anni in cui il Magistero, prima di Papa Benedetto e poi di Papa Francesco, ci hanno regalato una strada da percorrere che è quella del rispetto e della tutela della dignità di ogni persona, soprattutto di chi è costretto a lasciare la propria terra a causa della guerra, a causa di disastri ambientali, persecuzione politica e religiosa. E questa strada è segnata, è necessaria, perché è la strada che incarna il Vangelo oggi. Nella “Caritas in veritate”, Papa Benedetto, e Papa Francesco nella “Evangelii Gaudium”, ci hanno richiamato fortemente a questa centralità della dignità del povero e del migrante, e non solo come singola persona, ma come popolo. E, quindi, credo che sia importante che questa attenzione sia presente in ogni Chiesa, con le caratteristiche diverse, come lo è, con le testimonianze che ho incontrato in questi anni prima come responsabile dell’area nazionale di Caritas italiana e poi come direttore di “Migrantes”, nelle tante Chiese italiane, nelle nostre parrocchie, dove oggi anche il segno di oltre 30 mila persone ospitate è un segno di una Chiesa aperta e che concretamente, realisticamente, dà dei segnali importanti al mondo, allo Stato, alla società, all’Europa.

 








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