Terrore, distruzione e desolazione non hanno ucciso la speranza di poter ricominciare. "La Speranza" è il nome di un ospedale rimasto in piedi tra le rovine della città di Aleppo, diretto dal prof. Emile Katti.
Aleppo come Hiroshima: popolazione allo stremo
In un accorato appello diffuso dal sito internet della Fondazione Aiuto alla Chiesa
che Soffre Italia (Acs), il medico descrive lo stato di emergenza in cui vive la popolazione:
lo fa in modo efficace ricorrendo ad un’immagine impressa nella memoria e nell’immaginario
collettivo, quella di Hiroshima rasa al suolo da un attacco nucleare al termine della
Seconda Guerra mondiale. “Ad Aleppo - spiega - la situazione, anche senza bomba atomica,
è uguale”: sei anni di guerra hanno ridotto gli abitanti allo stremo: senza beni di
prima necessità, cibo, medicine, case, lavoro.
Ancora incombente la minaccia jihadista
“Da quando la città è stata liberata - racconta Katti - il numero dei feriti si è
ridotto, ma non c’è ancora sicurezza”. La minaccia dei jihadisti di Al Nusra infatti
incombe ancora: “si trovano a meno di 3 km da noi, a sud-ovest, e lanciano razzi in
un quartiere che dista 1 km da qui. Qualche giorno fa ci sono stati almeno 3 morti
e 40 feriti”.
L’embargo impedisce i soccorsi medici
Il medico si rivolge direttamente ai responsabili politici della comunità internazionale
e chiede loro di rimuovere l’embargo. “Se i macchinari sanitari si guastano non possiamo
ripararli perché gli ingegneri biomedici hanno abbandonato Aleppo e non vogliono tornare
a causa dei rischi. Non possiamo neanche comprarne di nuovi per la mancanza di fondi,
aggravata dalla svalutazione della lira siriana”. Inoltre sebbene siano disponibili
i medicinali per la patologie comuni, mancano quelli per curare le malattie croniche
gravi. Il nostro lavoro – racconta il direttore dell’ospedale - è salvare le vite,
e non possiamo farlo se a causa dell'embargo non ci vengono garantiti gli strumenti
necessari”.
Manca tutto: acqua, elettricità, riscaldamento
Sono poi i bisogni più elementari, quelli di cui necessitano gli aleppini. In primis
l’acqua, il cui flusso dalla città di Raqqa è stato bloccato da ormai due mesi dal
sedicente Stato Islamico lasciando privi di questo bene vitale circa 3 milioni di
persone. “In città – racconta Katti - ci sono 130 pozzi statali ma non sono sufficienti.
Assente anche l’elettricità: per supplire a questa mancanza da ormai 4 anni si ricorre
ai generatori elettrici che tuttavia, essendo predisposti per un uso esclusivamente
emergenziale, spesso si guastano o esplodono a causa di un utilizzo quotidiano. Infine
il rettore dell’ospedale "La Speranza" menziona la grave carenza di carburanti e gasolio
per riscaldamento in una stagione, l’inverno, in cui le temperature sono scese di
sei gradi sotto lo zero.
Decine di migliaia i cristiani fuggiti
Solo pochi giorni fa sempre attraverso Aiuto alla Chiesa che Soffre Italia, dalle
macerie di Aleppo si era levata la richiesta di soccorsi di suor Guadalupe de Rodrigo,
missionaria argentina dell’Istituto del Verbo Incarnato. Chiedendo di non dimenticare
la particolare situazione di indigenza di circa duemila famiglie cristiane, la religiosa
ha chiesto preghiere e aiuto concreto perché molte persone fuggite negli ultimi anni
a causa del Vangelo, tornino nella loro terra. Nella martoriata città siriana “nel
luglio 2012 – ha raccontato suor Guadalupe - i cristiani erano circa 120.000, oggi
se ne contano solo 35.000”. I jihadisti infatti hanno preso di mira in particolare
i quartieri cristiani Azizie e Sulaymaniyeh.
Il progetto di Acs per i cristiani di Aleppo
Ad Aleppo la Fondazione Acs ha dedicato dal 2011 un fondo attraverso il quale, finora,
sono stati realizzati progetti per un valore di quasi due milioni e mezzo di euro.
Chiunque può effettuare una donazione consultando il sito http://acs-italia.org/ (A
cura di Paolo Ondarza)
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